Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Washington, 2054. L'irreprensibile capo della Pre-Crimine (Cruise) - un'organizzazione federale che grazie alle pre-visioni di tre cassandre dotate di poteri straordinari è riuscita a ridurre del 90% gli omicidi, fermando i potenziali assassini prima che questi agiscano - sembra vittima di un complotto: sarà lui a dovere uccidere uno sconosciuto, che grazie ad alcuni accordi con l'ideatore della Pre-Crimine lo ha attirato con l'esca della vendetta per la morte del figlio. Da inseguitore, il protagonista si trasforma in inseguito, causando uno di quei "minority report" (cioè rapporti di minoranza) che devono essere messi a tacere «per non intaccare la validità del sistema» (Lucarelli e Picozzi, 2006). Due ore e venti di fuga continua e spettacolo, con una tecnologia che ridicolizzerebbe persino James Bond, e la matassa è dipanata. Gli elementi per fare di Minority report un capolavoro della settima arte ci sono tutti: un regista di ineffabile mestiere, un tema orwelliano sul quale nidificano le problematiche del neo-totalitarismo e del primato assoluto della tecnologia (più che della scienza), effetti speciali mozzafiato e budget faraonico. Eppure, l'ex pupone di Hollywood non riesce ad ottenere che una discreta opera di genere, farraginosa nel racconto a dispetto dell'estrema semplicità della trama, corriva al punto di irritare sul piano dei contenuti e con inevitabile risvolto sentimental-piagnucoloso. Passano i lustri ma Spielberg è sempre lì: tra un inseguimento à là Duel e il complesso di Peter Pan.
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