Regia di Milos Forman vedi scheda film
Bel film di Forman, il suo primo vero lungometraggio a soggetto, prima dell'altro bel film ("Gli amori di una bionda") che rivelò al mondo la nova vlna cecoslovacca: insieme a Forman si misero in luce Schorm, Nemec, Passer (qui aiuto regista), la Chytilova, Menzel ed altri. E proprio alla nouvelle vague (entrambe le espressioni significano nuova onda) francese si apparenta questo "L'asso di picche", con il giovane Petr che è davvero il fratello cresciuto a Praga dell'Antoine Doinel dei "Quattrocento colpi". Petr non sa cosa vuole fare da grande, mentre suo padre, direttore di una banda di musica tradizionale, ha per lui "grandi progetti nel campo del commercio". La mamma è apprensiva e curiosa di questo sbarbatello alle prime esperienze, che tutto sommato è un bravo ragazzo: fuma qualche sigaretta, beve durante le feste ed è innamorato di una coetanea simpatica e un po' sfuggente.
Petr avverte con sofferenza la distanza che c'è tra il suo mondo e quello dei suoi genitori, mentre questi non sembrano rendersene conto; quando la mamma gli domanda che cosa abbia fatto la sera prima, Petr le risponde "niente"; quando la stessa domanda gliela pone l'amico Lada, il modello da imitare, la risposta è "un sacco di cose". Quel sacco di cose che avrebbero provocato l'irritazione del babbo e l'apprensione della mamma.
Si tratta del classico filmetto che ha in sé i crismi del grande cinema: si guarda con piacere e fa palpitare per le vicende semplici e umane del protagonista. È uno dei migliori film di Forman e sono sicuro che questo protagonista sarebbe piaciuto al Hrabal dei "Treni strettamente sorvegliati".
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