Regia di Miklós Jancsó vedi scheda film
Negli anni Sessanta l'ungherese Jancso' era uno dei più grandi registi del mondo. Questo "L'armata a cavallo", conosciuto internazionalmente con il titolo "The red and the white", nella sua filmografia viene subito dopo il capolavoro "I disperati di Sandor" e resta una delle vette più alte della sua opera. Nella Russia del 1917 le truppe zariste combattono contro quelle bolsceviche, dove sono arrivati anche molti combattenti ungheresi, una sorta di guerra fratricida, un gioco al massacro crudele e insensato. Jancso' ci mostra una serie di azioni repressive o di esecuzioni sommarie dando un quadro totalmente pessimista della guerra sotto il segno della violenza ferina e dell'incertezza che guida le azioni degli appartenenti alle rispettive fazioni. Indubbiamente c'è un certo distacco nello sguardo del regista che può essere confuso con la freddezza, ma a mio parere è giustificato e adeguato alla materia narrativa. Le virtù dello stile si fanno di nuovo straordinarie, con la consueta coreografia di lunghi piani sequenza che ricorrono alla profondità di campo e si associano ad un costante dinamismo della macchina da presa. Alcuni lo hanno considerato un film "formalista", ma se lo è, si tratta senz'altro di un formalismo di alto livello. La fotografia in bianco e nero di Tamas Somlo rafforza l'impressione di cupezza di un universo senza speranza pur riprendendo un paesaggio alla frontiera fra Russia e Ungheria che sembra un impassibile testimone del dramma. Fra gli attori figurano Jozsef Madaras, tra i preferiti di Jancso', e anche un giovane e ancora poco conosciuto Nikita Mikhalkov, che però durante la visione del film non sono riuscito a riconoscere. Incredibilmente sottovalutato dai due principali dizionari di film italiani, è un film assolutamente da riscoprire, un po' come tutta l'opera di Jancso'.
Voto 9/10
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