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La ragazza del bagno pubblico

Regia di Jerzy Skolimowski vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La ragazza del bagno pubblico

di ed wood
9 stelle

Ancora una volta Enrico Ghezzi ci regala una perla misconosciuta dell'arte cinematografica. Un piccolo capolavoro di un regista polacco di nascita, inglese d'adozione, apolide di spirito. Autore dallo stile sfuggente, a metà strada fra un realismo di fondo e il gusto della metafora, fra l'attendibilità psicologica e la stravaganza delle soluzioni narrative, fra violenta drammaticità e increspature grottesche, Skolimowski accerchia i suoi personaggi in una vicenda tormentata, estrema, balorda, traendone linfa poetica come nel Truffaut più passionale. La mdp si muove vorticosamente, fra sciabolate, carrelli impetuosi e girotondi inebrianti, traducendo la frenesia emotiva dell'adolescenza in immagine in movimento. La sfrontatezza di una cotta infelice, di un amore che non dà soddisfazione, di una "prima volta" dove lui soffre nella e della indifferenza di lei, di un amplesso che forse non c'è nemmeno stato. La disperazione per un sogno irraggiungibile, per un incomprensibile oggetto del desiderio, l'affanno di un ricerca frustrante (come quella di un diamante perduto in un blocco di neve). L'arroganza di una società dove ricchi e adulti tengono sotto scacco donne e ragazzi, dove il sesso è ovunque, mercificato, dove ogni rapporto (anche fra inserviente e cliente di un bagno pubblico) può essere oggetto di compravendita di piacere senza amore. E poi il furore di una gioventù inglese sempre in procinto di "ricordare con rabbia", dove la vita quotidiana si presenta come una faticosa maratona da affrontare rigorosamente da soli, fra mille meschini ostacoli. Tutto espresso con travolgente impeto da interpreti del tutto in parte, un copione pieno di finezze (il manichino di Susan/Angelica, immagine sensuale che ossessiona Mike, controcanto del poster dell'uomo "incinto", cavallo di battaglia femminista con cui Susan sottomette Mike), ma soprattutto una regia in stato di grazia. Difficile dire se il climax del film sia la lunga sequenza degli hot-dog consumati nel quartiere a luci rosse, culminata con la scenata di Mike a Sue in metropolitana, oppure gli ultimi 10 minuti di film, di laconica e devastante poesia.

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