Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Se veramente è un film "alimentare" (non tanto per Bergman quanto per la sua casa produttrice) "un film completamente artefatto" come dichiarò lo stesso regista, be' i casi sono due: o il maestro svedese era talmente pignolo e vanitoso che non riusciva a non curare perfettamente anche i film che non erano propriamente "suoi", o Bergman era talmente grande che girava film più che buoni anche con la mano sinistra. Non si tratta di un semplice divertissement, anche se a tratti assume i toni della farsa, dell’avanspettacolo; ci sono molti dei temi cari al regista come la morte, la rappresentazione del mondo dello spettacolo (qui impersonato da un celebre violoncellista di cui non si vede mai il volto e soprattutto dal suo impresario), il ritratto al solito graffiante dell’universo femminile. I tocchi di originalità spiazzanti, le scenografie e la fotografia che ricordano (anticipano) per certi versi Greenaway, il modo apparentemente sbarazzino con cui il cineasta dipinge situazioni e dialoghi rendono questo film non solo originale nella cinematografia di Bergman (riconoscibile soprattutto per il solito pugno di attori e attrici fedeli) ma piuttosto moderno e godibilissimo.
Una menzione d'onore per questo fantastico istrione, già protagonista del bellissimo L'occhio del diavolo, autentico giullare alla corte di sua maestà Bergman.
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