Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
E' senz'altro il meno bergmaniano dei film di Bergman, innanzitutto per la tematica e per i toni scherzosi, ma anche per il linguaggio cinematografico che apertamente si rifà al cinema muto degli anni in cui la storia si svolge. Le comiche di Cornelius, stereotipo del critico musicale severo e tronfio, sono l'occasione per mostrare un'umanità femminile variegata ma con una costante carenza a livello morale; il presunto 'patriarca' di una famiglia tanto bizzarra, d'altronde, si rifiuta di comparire per tutto il film e quando finalmente lo fa è solennemente impallato da vari oggetti, in modo tale da non riuscire mai ad imprimere un segno della propria personalità nella storia. Ce n'è un po' per tutti, compresi ovviamente i critici cinematografici, non così distanti da Cornelius ed accusati in una didascalia di un eccessivo zelo nell'interpretazione dei simbolismi bergmaniani; l'ironia del regista svedese è un lato del tutto inedito del suo carattere ed è un piacere poterla osservare in questo lavoro che rimane del resto un elemento a sè nella sua filmografia. E' una divagazione non eccezionale, volutamente leggerissima (anche nella costruzione dei personaggi e delle situazioni), dotata di un sarcasmo fine e quindi non sempre evidente o facile a cogliersi.
Siamo negli anni '20 ed il feroce critico musicale Cornelius si reca nella villa del rinomato violoncellista Felix per intervistarlo al fine di scriverne la biografia e di proporgli in cambio una propria composizione. Ma il Maestro latita: Cornelius incontra solamente la moglie, le numerose amanti e la servitù, innervosendosi. Finalmente Felix ricompare ed accetta di eseguire la composizione di Cornelius, ma appena abbraccia il violoncello cade a terra, morto sul colpo.
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