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I racconti della luna pallida d'agosto

Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film

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La recensione su I racconti della luna pallida d'agosto

di alan smithee
10 stelle

locandina

I racconti della luna pallida d'agosto (1953): locandina

Nel Giappone attorno alla fine del XVI secolo, incrociamo le vite del vasaio Genjurô e di suo cognato Tobei che, con le mogli Miyagi e Ohama vivono in un villaggio della regione di Omi. Nella città vicina costoro vendono le ceramiche di propria produzione.
Tobei sogna di diventare samurai, ma per far ciò ha bisogno di soldi, necessari per potersi dotare di adeguata armatura e lancia.
Mentre nel forno sta per cuocere una nuova partita di vasi, nella notte i quattro sono costretti a fuggire nei boschi perché il villaggio è saccheggiato dai soldati. Ritornati alla fornace, constatano che i vasi sono intatti e cotti.
Si imbarcano dunque per attraversare il lago che li possa far arrivare alla vicina città, in modo da poter vendere il loro prodotto al fiorente mercato locale; ma, strada facendo, incontrano un'imbarcazione alla deriva: un marinaio morente li avvisa di pirati che attaccano e depredano le barche e violentano le donne; preoccupato dalla minaccia, Genjurô sbarca moglie e figlio affinché ritornino al villaggio e prosegue con Tobei e Ohama. In città, i prodotti di terracotta vanno a ruba, e i guadagni sono cospicui. Tobei approfitta della distrazione della moglie per comprare l'armatura e la lancia; Ohama andata a cercarlo in una zona isolata viene attaccata e stuprata da militari, e ridotta a prostituirsi. Miyagi e il piccolo Genichi, in cammino verso il villaggio, devono costantemente nascondersi dai saccheggiatori ed approfittano di una donna pietosa che offre alla madre e a suo figlio del cibo e le indica una via secondaria per raggiungere casa.
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Nel cammino però una truppa di soldati affamati la assale, appropriandosi dei viveri e ed uccidendo la donna.
Intanto Genjurô è avvicinato e sedotto da una giovane donna, nobile e avvenente, che lo aggancia con la scusa di ordinare utensili di terracotta, e lo invita a consegnarglielo nella sua villa: affascinato e sedotto si intrattiene con lei dimenticando la famiglia.
Tobei nel frattempo assiste, senza essere scorto, alla decapitazione-suicidio di un importante generale nemico, intervenendo per uccidere il soldato che ha eseguito l'ordine e portando la testa del generale al signore del luogo. Costui, pur conscio che si tratti di un inganno, lo nomina samurai e gli consegna cavallo e uomini armati.
Avrà modo di pentirsi, come del resto ognuno dei sopravvissuti, costretti, alla fine dei saccheggi, a tornare al lavoro umile della terra, a produrre utensili in terracotta, a prendersi cura della propria prole e a rendere omaggio a tutti coloro che non sono riusciti a salvaguardarsi, rimanendo vittime di quei tragici eventi. 
Kenji Mizoguchi firma con questo suo capolavoro, ispirato a due racconti - L'albero di Asaji e La lubricità del serpente di Ueda Akinari, facenti parte della raccolta Racconti di pioggia e luna - una coinvolgente e drammatica epopea imperniata sul senso di responsabilità, ovvero una acuta e sin commovente riflessione sulla brama di ricchezza che rende l'uomo spesso una belva affamata in grado di perdere di vista la consapevolezza di ciò che veramente conta, ovvero gli affetti familiari, a scapito di una brama di ricchezza e gloria raggiunte con qualsiasi stratagemma, spesso scendendo a patti con comportamenti illegali o civicamente riprovevoli.
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Ne scaturisce una riflessione acuta e pessimistica sulla pochezza che guida troppo spesso la condotta umana dell'uomo che si trova a dover affrontare momenti di emergenza e di tensione, ma che non dimentica il fine ultimo di un proprio tornaconto finale, dimenticandosi delle responsabilità che il suo naturale ruolo di capofamiglia o adulto gli hanno conferito in seno al suo nucleo familiare.   
Il Giappone tormentato di fine '500 in qualche modo sostituisce solo a livello temporale, ma non negli effetti traumatici e tragici sul carattere della gente, i fatti occorsi allo stesso paese occorsi solo otto anni prima in occasione del lancio delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, e i fatti tragici del film, le reazioni spesso superficiali e mosse da avidità e stoltezza da parte di chi riesce a scampare ai saccheggi, rappresentano in un certo senso il fulcro di un racconto morale che diventa universale e diretto ad una umanità intera a prescindere dalla sua connotazione storica precisa.
Presentato alla Mostra di Venezia nell'edizione del 1953, edizione in cui non venne assegnato alcun Leone d'oro, il film si aggiudicò il Leone d'Argento ex-aequo con I vitelloni di Fellini ed altri cinque film in concorso.
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