Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
Con una serie di magnifici long takes, Mizoguchi narra una commovente parabola sulla tragedia dell'ambizione divoratrice e sull'illusorietà di ogni fuga dalla realtà, coniugando splendidamente impietoso realismo e fantasia onirica.
VOTO: 8,5 su 10
Lo sconvolgimento della violenza bellica irrompe nella vita di due modeste coppie nella campagna del Giappone del XVI secolo, lacerato da conflitti civili. Il vasaio Genjurô ha un figlio con la moglie Miyagi, la cui sorella Ohama è sposata con Tobei, aspirante samurai senza arte né parte. Il loro villaggio è travolto dall'invasione di una soldataglia che si abbandona a saccheggi e rapine. Questi avvenimenti conducono Genjurô, Ohama e Tobei nella città di Nagahama, dove i proventi della vendita delle loro ceramiche permetteranno da una parte a Tobei di acquistare armi e armatura per tentare di intraprendere la sua bramata carriera, mentre Genjurô si lascerà irretire da una fascinosa quanto misteriosa acquirente, l'aristocratica Signora Wakasa, il cui apparente interesse per le terracotte ed il loro venditore nasconde un tetro segreto.
In queste coppie la componente più fragile ed immatura è senza dubbio quella maschile. Genjurô, divorato dalla brama di successo commerciale e dall'avidità, alimenta la fornace dove cuoce i suoi vasi persino mentre i nemici razziano il villaggio; si lascerà poi ingenuamente sedurre dalle lusinghe della sospetta signora, illudendosi di abbandonare la sua esistenza familiare per un sogno erotico con una nobildonna, senza domandarsi perché questa debba volersi legare ad un modesto vasaio. Tobei, divorato dalla sciocca e ostinata smania adolescenziale di voler diventare un samurai, pur non avendone i mezzi né la capacità, utilizza l'inganno per farsi una posizione che le sue scarse doti guerriere non gli avrebbero mai permesso di raggiungere. Entrambi, con la loro avventatezza, porteranno alla rovina le rispettive consorti, abbandonate al loro destino in un mondo spietato, mentre i mariti inseguono irresponsabilmente miraggi di ricchezza, passione o gloria: una perderà la vita, mentre l'altra verrà stuprata e ridotta a prostituta in un bordello. La denuncia della condizione femminile, già centrale in in La Vita di O-Haru, trova così in quest'opera una nuova commovente declinazione.
Ispirato a due racconti, L'albergo di Asaji e La lubricità del serpente, di Ueda Akinari, intrecciati in un'unica sceneggiatura, il film intitolato in originale Ugetsu monogatari posa uno sguardo impietoso ma partecipe sulla fragilità della condizione umana in un mondo crudele e spietato.
Mizoguchi fa della pellicola una parabola sul tema dell'ambizione divoratrice, della mancanza di senso del limite e di sano realismo, foriera di rovina e devastazione: la smania di volere sempre di più porta a perdere anche quel che già si possiede. La serenità della vita familiare, già sconvolta dalla guerra, viene però irreparabilmente compromessa dall'avidità dei suoi stessi componenti, che invece di conservare e proteggere il focolare minacciato, si mettono alla ricerca di un'irrealizzabile esistenza di lussi e vanagloria. Quest'opera del periodo post bellico può allora essere letta anche come indiretto ammonimento rivolto contro la folle ambizione espansionistica del militarismo nipponico, che aveva condotto il Paese alla sconfitta e alla rovina.
Altro tema connesso è l'inutilità di ogni utopia di fuga dalla realtà: i personaggi cercano di estraniarsi da una quotidianità dolorosa rifugiandosi e crogiolandosi nella fantasia, che tuttavia si rivela una scorciatoia illusoria e ingannatrice, che conduce comunque alla sofferenza. Le ombre della fantasia finiscono sempre per svelarsi come tali e la vita vera torna a presentare il conto a chi si illude di sfuggirvi: nello struggente finale i due avventati uomini avranno almeno imparato, a carissimo prezzo, questa preziosa lezione. Lo sguardo di Mizoguchi d'altronde non è giudicante, ma sempre compassionevole, anche nei confronti degli errori dei mariti, causati dalla fallibilità della natura umana.
Alla dimensione fantastica appartiene il ricorrente tema del fantasma: Genjurô trascura la moglie per inseguire lo spettro di una donna morta decenni prima e ritroverà la moglie, uccisa dai soldati durante la sua colpevole assenza, sotto forma di fantasma. I fantasmi di Mizoguchi non hanno nulla a che fare con l'horror (è molto più spaventosa la crudeltà dei viventi) bensì esprimono un legame con i bisogni e le aspirazioni fondamentali dell'animo umano che non viene reciso neppure dalla morte. La Signora Wakasa, per quanto ingannatrice, è in fin dei conti un'altra vittima della violenza cieca e brutale della guerra che cerca di recuperare da morta quella felicità che nella sua vita prematuramente spezzata non ha potuto assaporare, mentre Miyagi ritorna dall'aldilà per un gesto d'amore coniugale e materno, per assicurarsi che il marito ritrovi e si prenda cura del loro figlio, ricostituendo almeno parte della famiglia.
Opera emblematica dello stile di Kenji Mizoguchi, costellata di splendidi esempi dei suoi caratteristici long takes e impreziosita dall'eleganza armonica dei movimenti di macchina (spesso realizzati dall'alto con l'ausilio di gru mobili) e dal suo gusto squisito nella composizione delle inquadrature, illuminate dallo sfolgorante bianco e nero del direttore della fotografia Kazuo Miyagawa, e nella ricchezza e ricercatezza del dettaglio. Una delle sequenze più impressionati inizia dal bagno della villa di Wakasa per poi transitare ad un picnic nel suo giardino, passando dalla notte al giorno in un unico incredibile piano sequenza.
Nel confezionare un'opera dall'atmosfera magica ma pervasa dalla tristezza, Mizoguchi sa trovare una cifra stilistica efficace sia nel rappresentare con crudo realismo le devastazioni della guerra (straziante l'assalto dei soldati alla povera Miyagi col bambino aggrappato alla schiena) sia nell'evocare una dimensione onirica, come nella traversata del lago avvolto nelle brume o nella rappresentazione – ispirata al teatro No – dell'enigmatica Lady Wakasa, che sembra scivolare più che camminare tra le stanze della sua abitazione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta