Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
Mirabile sintesi tra realismo e fantastico, "I racconti della luna pallida d'agosto" è uno dei film più belli mai realizzati, affascinante dall'inizio alla fine. E se narrativamente avvince fin dalle prime immagini, dal punto di vista tecnico Mizoguchi dimostra di essere un vero maestro, riuscendo ad alternare più che altrove geniali movimenti di macchina ai suoi proverbiali piani sequenza.
Di questo stupendo film, che è al tempo stesso romanzo e parabola, si dovrebbe dire soltanto che va visto in quanto documento di polemica contro gli orrori della guerra, la quale è contemporaneamente motore e conseguenza dell'avidità e della follia umane. Ma "I racconti della luna pallida d'agosto" è inoltre un ennesimo pamphlet di Mizoguchi (come già "La vita di Oharu, donna galante") nei confronti della condizione della donna nel Giappone medievale ma anche contemporaneo, tematica carissima all'Autore di Asakusa, che da bambino aveva visto la propria famiglia vendere una sorella come geisha.
Il film è avventuroso, ma anche inquietante (si veda la sequenza sul lago immerso nella nebbia) e in alcuni momenti spaventoso (v. le scene ambientate nel castello di Kusatsu). Struggentissimo è, poi, il finale nel quale, una volta esauritesi le conseguenze funeste della guerra, il piccolo Genichi va a posare la ciotola del proprio pasto sulla tomba della madre, mentre in lontananza un contadino solca la terra. Capolavoro.
Nel Giappone del XVI secolo funestato dalle guerre, un vasaio (Mori) e il cognato (Ozawa) aspirante samurai abbandonano le rispettive mogli per inseguire i loro sogni di ricchezza e di gloria.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta