Regia di Satyajit Ray vedi scheda film
Secondo capitolo della trilogia "Pather Panchali", incentrata sulla figura di Apu, "Aparajito" è uno dei capolavori della cinematografia indiana. Satyajit Ray si ispira chiaramente al neorealismo italiano, nelle forme e nello spirito. Figlio di un paese nuovo, nella sua fresca indipendenza, Ray ha una visione più ottimista dei neorealisti, e, nel suo profondo umanesimo, vede nel sacrificio dei "vecchi" una condizione necessaria per il progresso e l'affermazione dei giovani. Così la madre di Apu si rassegna alla perdita dell'unico figlio, dopo avere perduto inaspettatamente il marito per un improvviso malore. In questo film, accanto agli scorci voluti da Ray, del placido Gange e dei treni superaffollati, contano le facce dei personaggi, ed è eccezionale quella di Karuna Bannerjee (un'attrice non professionista, e comunque qui alle prime armi), che interpreta la parte della madre di Apu: con un semplice movimento degli occhi riesce, con naturalezza, a far percepire allo spettatore un sentimento profondo dell'animo. Anche a distanza di più di cinquant'anni. (19 aprile 2008)
Muore il padre del piccolo Apu, ragazzino bengalese di Benares, sul Gange. Destinato a diventare un sacerdote, come il padre, Apu chiede ed ottiene dalla madre di poter frequentare anche la scuola laica. Classificatosi come uno dei migliori del distretto, il ragazzo, ormai adolescente, ottiene una borsa di studio per completare gli studi a Calcutta. Si separa, così, dalla madre, la quale rimane dolorosamente, ma silenziosamente, sola. E il figlio, quando la madre muore, non tornerà in tempo neppure per i funerali.
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