Regia di Jean Renoir vedi scheda film
In una cittadina della Francia occupata, un pavido insegnante con madre possessiva ama in silenzio una collega più giovane con fratello sabotatore e fidanzato incline ai compromessi. Onesto film di propaganda antinazista nobilitato dalla firma di Renoir, che deve pagare pegno all’estetica hollywoodiana: a parte l’adozione obbligata di interpreti anglofoni, dà fastidio vedere che sono in inglese anche le scritte (giornali, insegne, manifesti). Ma l’intera confezione è ammorbidita, priva di crudezze: i soldati tedeschi sono fin troppo bonari, si rivolgono ai francesi senza intermediazioni linguistiche (almeno nell’edizione italiana) e addirittura subiscono le ire di una vecchietta; del tutto inverosimile, poi, che a un imputato per omicidio venga consentito di concionare indisturbato sul dovere di resistere all’invasore. Semmai il film ha il merito di porre precocemente la questione del collaborazionismo: mostra che nel popolo di un paese occupato si forma spontaneamente quella che Primo Levi chiama “zona grigia”, perché c’è chi ha tutto da guadagnare a favorire i nuovi padroni. Qua e là tende al declamatorio, specialmente nella perorazione finale; ma lo è anche quella de Il grande dittatore, e come rimproverarglielo?
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