Regia di Clive Donner vedi scheda film
Come un giovane deciso ad abbracciare la vita religiosa diviene un grande re, l'unico re della storia britannica ad essersi guadagnato l'appellativo di "Grande".
Clive Donner, già esponente del free cinema, dirige un film nel quale il protagonista passa dalla giovanile infatuazione per la teologia e per la carriera ecclesiastica, vista più come una scappatoia per vincere le proprie pulsioni sessuali condite di violenza che come uno sbocco alla propria fede, ad una assunzione del potere, che lo porterà alla fondazione di uno stato di diritto (ovviamente per come lo si poteva intendere nel medio evo).
La durezza del carattere di Alfredo, che si commuove soltanto di fronte al cadavere dell'amato fratello Etelredo, erede al trono che sentiva di non essere fatto per regnare, è sempre funzionale all'esercizio del potere, subito prima con riluttanza e poi accettato con responsabilità e con la volontà di creare uno stato nuovo, più sicuro e basato sulla legge scritta nella lingua del popolo («il latino è una lingua da preti»). In questo, il re del Wessex e (poi) d'Inghilterra si differenzia dal re dei Danesi, immerso nei suoi rituali barbarici e sanguinari, e soprattutto in una concezione della monarchia che è ancora frammista di elementi di religione pagana: figlio di Odino, il re vichingo incarna una figura per metà politica e per metà sacerdotale, all'interno della propria società.
Storicamente attendibile ed esteticamente spettacolare, il film di Donner ha il culmine nella battaglia finale, lunghissima, che riesce a far sentire allo spettatore tutta la fatica del combattimento. E forse, Alfredo, l'unico monarca inglese che si fregia dell'appellativo di "grande", riuscirà anche a perdonare la moglie Ealhswith, rimasta per qualche anno al fianco del nemico di suo marito.
Ottima la prova di David Hemmings, cui fanno bel contorno Michael York, Colin Blakely, Prunella Ransome ed altri validi comprimari del cinema britannico.
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