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Dossier Odessa

Regia di Ronald Neame vedi scheda film

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La recensione su Dossier Odessa

di fixer
6 stelle

Che molti ex appartenenti alle SS fossero sostenuti dall'organizzazione ODESSA e aiutati a rifugiarsi in Sud America o altrove è una verità che è venuta a galla. per il grande pubblico, solo negli Anni '70. E il romanzo di Forsyth, seguito dal film, hanno dato un contributo notevole alla divulgazione di quel complesso "affaire". Il coinvolgimento di alti personaggi politici, di istituzioni e di branchie dello stesso Vaticano hanno rallentato e ostacolato la diffusione di certe scottanti verità. Il film, come il libro, tocca nervi scoperti che finiscono per provocare molto imbarazzo in certi Paesi, come la Germania (negli anni '70 molti ex-SS si trovavano in posti di responsabilità a livello privato e pubblico) e l'Italia (una delle città da dove gli ex-nazisti si imbarcavano per il Sud America era Genova) e lo stesso Vaticano. Non sono d'accordo con coloro che qulificano questo film come un prodotto convenzionale, privo di suspense, "greve come un ippopotamo" (Morandini). Per me è un film interessante dal punto di vista storico e non è nemmeno male come "thriller". Storicamente mi pare che non ci siano particolari sbavature o errori. Mi pare anzi che l'autore del libro abbia fatto un buon lavoro di documentazione. Inoltre, la trama si dipana con un ritmo discreto e se si dice che il film pecca di convenzionalismo, rispondo che per me il convenzionalismo non è di per sè un difetto, se forma e contenuto si combinano armonicamente per formare un prodotto credibile e, mi spingo a dire, avvincente. Ognuno segue la forma che vuole, e se lo fa bene, tanto di cappello. Anche il cinema di Raoul Walsh era convenzionale, ma i suoi film erano un prodigio di tecnica narrativa e mai nessuno si è mai sognato di accusarlo di convenzionalismo. Particolarmente indovinate mi sembrano le scene dell'"interrogatorio" da parte di un ex-SS nei confronti del protagonista (condite da un pizzico di ironia quando gli viene chiesto che cosa vedeva in alto nel lager di Flossenburg). Interessante è anche il "raduno" di ex commilitoni della divisione Sigfrido e il fervorino dell'ex-ufficiale. Ma mi sembra particolarmente indovinata la scena fra l'ex-SS Ruschmann e il protagonista. Non ho letto il libro, ma quanto dice Maximilian Schell (Ruschmann) è molto "autentico": dice cose terribili ma svela quello che in molti tedeschi esiste in sottofondo e cioè l'idea di essere comunque un popolo-guida, di avere un destino di dominio mondiale, di aver bisogno di disciplina e gerarchia per essere "uber alles". E' altrettanto vero che questi tedeschi giudicano gli uomini che sono a capo dell'attuale sistema democratico come un branco di rammolliti e questo fa giustizia di una facile tendenza a considerare i tedeschi allo stesso modo e cioè come, in fondo, perenni nostalgici dell'autoritarismo. Nella scena finale, le parole del vecchio ebreo che risuonano a Gerusalemme nel tempio dedicato alle vittime dell'Olocausto, sono da scolpire: "Non sono i popoli ad essere malvagi, ma gli uomini". Debole mi pare invece la scena del tentato agguato da parte di un sicario nei confronti di Voigt (il protagonista). Mi sembra poco credibile. Il film ha il merito indiscutibile di aprire una pagina di un libro che si vorrebbe, da troppe parti, chiudere per sempre e che, periodicamente, riemerge in tutto il suo orrore. In Italia, per esempio, pochissimi hanno avuto il coraggio di rivelare certe scomode verità sulla nostra Resistenza, sull'eredità ideologica e materiale fascista. Ma questa è un'altra storia.

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