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L'angelo sterminatore

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'angelo sterminatore

di ed wood
10 stelle

Uno dei capolavori di Bunuel. Film geniale, forse non il suo apice, solo perchè ha fatto anche "L'Age D'Or" (manifesto surrealista) e "Il Fascino Discreto Della Borghesia" (surrealismo mascherato da commedia, trionfo del "contenuto latente", il più riuscito tentativo di allegoria in campo cinematografico). "L'Angelo Sterminatore" si muove sulle medesime coordinate del "Fascino", con una crudeltà più esplicita. La borghesia viene trattata non tanto come classe sociale, ma proprio come categoria ideologica. Borghesia come setta parassita, improduttiva, isolazionista, del tutto dipendente dal lavoro altrui (i camerieri, che di punto in bianco, senza spiegazione, si ammutinano) e incapace di qualsiasi volontà decisionale. Schiava delle proprie fobie e dei propri scheletri (anzi, cadaveri!) nell'armadio, quella che dovrebbe essere la "classe dirigente", solida ed incrollabile, si rivela invece fragile ed impotente. E soprattutto disunita: meschinità, ipocrisia, reciproche accuse dimostrano come la borghesia sia un gruppo di persone compatto e leale solamente per convenienza, quando non vi è nulla per cui lottare, nelle occasioni cerimoniali (che hanno sempre una doppia morale, perchè se da una parte Edmundo è stato gentile ad invitare a cena i suoi "amici", dall'altra lo ha fatto ovviamente per il proprio tornaconto). Oppure quando c'è da scaricare la colpa su di un nemico esterno, la "Bestia", quell'orso che in realtà ha sempre abitato nella casa dei borghesi e da questo è stato allevato. L'oppressione esercitata dalla classe borghese sui ceti sottomessi si ritorce inesorabilmente contro la stessa, una volta che Bunuel ce ne svela le nevrosi latenti. E per far questo si serve, al solito, di Freud, della sessualità, della religione cattolica: non è azzardato considerare come punto di svolta del film il momento in cui Letizia, presumibilmente, perde la veriginità dietro al tendone con Edmundo, potendo finalmente indicare a tutti i prigionieri la via d'uscita dall'incubo. Quello che rende particolarmente acre e disperato l'umorismo di questo film è il fatto che Bunuel pare avercela non solo con quella dozzina di riccastri intrappolati nella villa, ma con il mondo intero, la società civile, quella religiosa, le istituzioni militari e scientifiche, il popolo: nessuno riesce ad entrare nella villa, anzi nemmeno a varcare la soglia del cancello, in quanto impauriti e fermati da una forza invisibile che inibisce il desiderio e la volontà. Solo un bambino tenterà di addentrarsi nell'ignoto, ma desisterà ben presto, condizionato anch'egli, già in tenera età, dai freni inibitori istituiti da questa sterminata civiltà borghese.

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