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L'angelo del male

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su L'angelo del male

di Antisistema
10 stelle

Secondo adattamento tratto dai libri di Emile Zolà, dopo il precedente muto “Nanà” (1925), che tanti dispiaceri causò a Jean Renoir, per via del fallimento critico e di pubblico, che gli rimproverarono di aver teatralizzato in un'astrattismo non richiesto, il realismo naturalista del grande scrittore francese. 
“L’Angelo del Male”  adatta un altro romanzo del ciclo Rougon-Macquart“La Betè Humaine”, che nell’originale francese, mantiene il medesimo titolo, in quanto già esemplificativo della violenta intrinseca nell’essere umano, con uno da parte di Renoir, che rigetta ogni ottimismo, per un pessimismo senza scampo.
Jaques Lantier (Jean Gabin), è individuo che svolge in modo diligente il proprio lavoro di macchinista, forse troppo, in quanto la “Liason”, nome dato da lui alla locomotiva, risulta essere l’unico suo oggetto d’amore, in una vita per il resto totalmente solitaria, fatta eccezione per l’amico fuochista Pecqueux, unica sua compagnia lungo la tratta ferroviaria Parigi-La Havre.
Celebre e giustamente lodata, la lunga sequenza inziale, in cui viene inquadrata in tutta la sua potenza tecnologica, la locomotiva “Liason”, con un dinamismo “futurista” nelle immagini spinte a folle velocità dalla macchina da presa, che nonostante l’instabilità dovuta al movimento e al forte rumore provocato dalla pressione del vapore.
Tale macchina, ribattezzata non a caso con un nome femminile, assume chiare connotazioni sessuali, fungendo da “amante” per il protagonistaessendo in grado di calmare i suoi istinti assassini.
Lantier discende da una famiglia di ubriaconi alcolisti, il che, secondo le teorie di Emile Zolà, ha portato ad “un’evoluzione darwiniana in negativo”. Seppur l’uomo non beva, egli è ben conscio di avere in taluni momenti, una mente ottenebrata, che gli fa sorgere delle pulsioni omicide, le quali gli impediscono una qualsiasi vita normale.

La malattia ereditaria è solo uno dei piani di lettura dell’opera, che possiede anche una valenza socio-antropologica, campo d’indagine sempre più prediletto dal Renoir della seconda metà degli anni 30’, periodo in cui sono concentrati i massimi capolavori del regista, su tutti “La Grande Illusione” (1937) e “La Regola del Gioco” (1939).
A differenza del banale titolo italiano, l’originale “La Betè Humaine”, mira ad andare oltre il mero intreccio melodrammatico, scavando a fondo nelle pulsioni irrazionali della psiche umana, preda dei propri istinti bestiali.

 

Jean Gabin

L'angelo del male (1938): Jean Gabin


Se Jaques Lantier è condannato alla propria condizione, in base alle colpe degli avi, facendone una figura con chiari rimandi alla tragedia greca, il vice capostazione Roubaud (Fernand Ledoux) e la sua fascinosa moglie Severine (Simon Simon), vivono un matrimonio senza più alcun amore, che non sia un malsano possesso da parte del marito o una facile lascività da parte della donna.
L’ultimo degli amanti di Severine è proprio Jaques Lantier, che vorrebbe sedurre dapprima per coprire il suo alibi in merito all’omicidio del suo ex amante Grandmorin, - compiuto assieme al marito -, per poi cospirare l' assassino del coniuge, il quale non essendo rassegnato alla fine del loro legame, obbliga la consorte a restare con lui a suon di minacce.
Amore come possesso malato (Roubaud) e amore come gioco di seduzione (Severine)Renoir sfrutta l’opera di Zolà, eliminando gli intrecci superflui, per andare al nucleo essenziale della narrazione, dove le passioni tra i personaggi, sfumano nell’oscurità torbida del noir. 
Sono proprio i “normali” come Roubaud e Severine, ad essere delle bestie inquietanti. Celando la loro vera natura, dietro i bei vestiti e l’aria benestante, sono pronti a scatenare la loro furia omicida per gelosia incontrollata o calcolo sentimentale, in quanto sono i poveracci senza protezione alcuna ad essere accusati ingiustamente. Non è un caso che il falso colpevole, venga interpretato dallo stesso Jean Renoir, il quale poi nelle vesti di regista, se mostra una sincera comprensione per il fatasmo ereditario di Lantier, ha una piena simpatia solo per il fuochista Pecqueux, figura dotata di una sarcastica saggezza colma di ironia sagace, nel leggere gli avvenimenti e la realtà sociale della sua epoca.
Tra i registi prima della seconda guerra mondiale, Jean Renoir, con la sola eccezione di Murnau, rappresentava l’eccellenza assoluta del cinema, per via dell’estremo eclettismo stilistico, capace di adattarsi - senza mai piegarsi -, ai generi e alle narrazioni più disparate, creando capolavori su capolavori, che hanno innovato il cinema come pochi grandi maestri.
Indubbia è la capacità di usare il “palcoscenico” del cinema - l’omicidio di Grandmorin avviene con le tendine chiuse del treno in stile sipario del teatro -, come lente d’ingrandimento sull’antropologia sociale, giovandosi di una sensualissima “felina” Simon Simon (paragonata dal regista ad un gatto) e di uno strepitoso Jean Gabin, sospeso in uno stato mentale di continuo malessere, trasmesso spesso tramite il solo distogliere lo sguardo, senza manierismi espressivi o movimenti sopra le righe che sfocerebbero nel ridicolo.
Il film più cupo della carriera di Jean Renoir, dove un triste fatalismo, avvolge l’ineluttabile destino di tutti i suoi personaggi, senza mostrare speranza in merito alla condizione umana.

 

Simone Simon, Jean Gabin

L'angelo del male (1938): Simone Simon, Jean Gabin


Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297 

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