Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Anatomia di un rapimento è una delle rare incursioni di Akira Kurosawa nel thriller, magari un genere che gli apparteneva meno ma che non gli ha impedito di realizzare un film strepitoso. Il maestro giapponese adatta un libro di Ed McBain e propone una pellicola che si può dividere sostanzialmente in due parti.
La prima, all’interno di una casa, si avvantaggia di un ritmo incalzante, ulteriormente incrementato dall'ambientazione claustrofobica. La seconda, che comincia con l'eccezionale sequenza della consegna del denaro ai rapitori (scena che si svolge su un treno), concentra l’attenzione su polizia e rapitore, di cui viene (finalmente!) svelata l’identità. Ma sarà il finale – dopo una lunga sequenza nei sobborghi della città, popolati dalla feccia di ubriachi e drogati, che ricordano molto da vicino gli zombie che anni dopo vedremo in molte (troppe?) pellicole, a svelare le motivazioni del rapimento.
A mio giudizio, Anatomia di un rapimento è un "masterpiece", ancora molto attuale, nonostante abbia sulle spalle oltre cinquant'anni. Girato in bianco e nero, in una sola occasione "sporcato" da una macchia di colore (facile che l'espediente abbia ispirato Spielberg e il suo Schindler’s list) è davvero un film al quale è molto difficile muovere qualche critica, se non probabilmente una certa lunghezza della seconda parte. Da vedere.
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