Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Due ore e mezzo che passano in un battito di ciglia. Il film può essere diviso in tre parti: la prima ambientata nella villa di Gondo, imprenditore calzaturiero, relativa ai primi momenti del rapimento del bambino sbagliato. L'obiettivo è infatti il figlio di Gondo, ma in realtà viene rapito erroneamente il figlio dell'autista di Goto.
Questa prima parte, nonostante sia ambientata tra le mura della villa è claustrofobica, incalzante e possiede un ritmo magnifico. Toshiro Mifune, nei panni di Goto, è stupefacente e la sua rabbia sembra fuoriuscire dallo schermo! La seconda è, invece, dedicata alle indagini della polizia, una seconda parte pazzesca, dove viene abbandonata la claustrofobia della prima parte per passare a paesaggi distesi e ampi, mentre nel finale assistiamo al pedinamento del rapitore/killer. Le sequenze relative alle indagini sono fantastiche, e il viaggio sul treno è un pezzo che non si dimentica facilmente.
Nel passaggio dalla prima alla seconda parte passiamo dalla Tokyo borghese a quella fatiscente di periferia, dove Kurosawa mostra le difficili condizioni di vita in cui si muove il rapitore, e una dicotomia paradiso/inferno (Tengoku to Jitoku, il titolo originale del film, significa proprio Paradiso/Inferno), rappresentato dal mondo di Gondo e quello di Takeuchi, il rapitore, amplificato dal luogo in cui vive Gondo, una villa su una collina che troneggia sul resto della città.
Il tema del film, la vendetta e la voglia di riscatto sociale è attualissimo, ed il finale è stupefacente e visivamente potentissimo.
Da vedere ad ogni costo.
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