Regia di Claudio Caligari vedi scheda film
Più che un film, è un vero e proprio esperimento, rarissimo nel suo genere, almeno qui da noi, e probabilmente irripetibile. Questo sia perché la moda del politicamente corretto farebbere insorgere più di un'anima pia contro la cruda verità del buco in diretta (ci sono delle scene che disturbano veramente, più che tanti film più o meno orrorifici): immaginiamoci cosa potrebbe dire Veltroni a vedersi dipingere di questi colori la propria città. Ma anche perché il film fu girato nel 1983, in era pre-aids, ed è difficile immaginarsi una cosa del genere girata dopo appena quattro o cinque anni. In effetti alcuni di questi ragazzi di vita dell'era dell'eroina non ce l'hanno fatta, come dimostrano i destini di Michela Mioni e Patrizia Vicinelli, la pittrice che rifornisce di roba i protagonisti, purché le schizzino il sangue sulla tela.
Il nume tutelare di tutta l'operazione, benché ispirata da una seria indagine sociologica (del cosceneggiatore Guido Blumir), è chiaramentre Pasolini, che non ha fatto in tempo a vedere, o quanto meno a descrivere, la vita di questi Accattoni vent'anni dopo, se fossero sopravvissuti. Alla fine l'omaggio al poeta friulano è fin troppo scoperto: Michela muore sotto il cippo dell'idroscalo di Ostia, mentre Cesare cade inseguito dalla polizia. Come nei film e nei libri di Pasolini, comunque, del tragico del quotidiano disfacimento umano e sociale raccontato su pellicola, si riesce perfino a ridere, e in questo senso, a mio parere, il personaggio più tragicomico è quello di Enzo, il più simile, sempre secondo me, alla degradazione da vera tossicodipendenza.
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