Regia di Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard, Carlo Lizzani, Pier Paolo Pasolini, Elda Tattoli vedi scheda film
Semi-deludente opera collettiva di cinque grandi registi, che prende ispirazione da alcuni temi espunti dai Vangeli per poi finire a parlare di temi di grande attualità all'epoca (il film è del 1969), come la rivoluzione e la lotta di classe.
'L'indifferenza' (7) di Carlo Lizzani: ambientato a New York e girato in inglese, è il migliore del lotto, per lo sguardo disincantato che la mdp dell'autore trasmette della metropoli americana, con molti barboni sul ciglio delle strade, del tutto ignorate dalla maggioranza della gente. Un occhio, quello del cineasta, lontano anni luce dalla classica visione idilliaca dello straniero che vede la grande città americana come simbolo della terra delle opportunità.
'L'agonia' (5) di Bernardo Bertolucci: l'autore parmense tenta di coniugare il cinema con gli stilemi del Living Theatre ma l'esito è pretenzioso al limite dell'irritante.
'La sequenza del fiore di carta' (6) di Pier Paolo Pasolini: in genere il regista di 'Accattone' dava il meglio in queste prove ma stavolta la brevità gioca a suo sfavore. Lo spunto, che vede il personaggio interpretato da Ninetto Davoli aggirarsi per le vie di Roma con appunto un fiore finto in mano, mixato con immagini in dissolvenza rappresentanti vari eventi del XX secolo, è interessante ma si conclude sostanzialmente in un nulla di fatto.
'L'amore' (5,5) di Jean-Luc Godard: è interpretato da quattro attori, tra cui Nino Castelnuovo, ma la componente politica, che aveva iniziato a segnare profondamente le opere di J-LG, prende troppo il sopravvento sulle pur apprezzabili ricerche stilistiche e sulla messa in scena.
'Discutiamo, discutiamo' (4) di Marco Bellocchio: è di gran lunga il peggiore, sia del quintetto sia all'interno della pur pregevole ma altalenante filmografia del cineasta di Bobbio. Ambientato in un'aula universitaria in cui si contrappongono due visioni 'politiche' della società (sinistra e destra), possiede un livello di recitazione generale (compreso Bellocchio stesso che recita con una barba finta) al di sotto della soglia di sostenibilità e, per di più, banalizza e schematizza gli argomenti trattati finendo ben presto per stancare. Il termine 'datato' pare coniato ad hoc per tale episodio.
Resta il rammarico per un lavoro che aveva grandi potenzialità ma, come capita spesso per questi film a episodi, genera una sensazione generale di spreco di talenti...
Voto medio: 5,5.
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