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Amore e rabbia

Regia di Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard, Carlo Lizzani, Pier Paolo Pasolini, Elda Tattoli vedi scheda film

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La recensione su Amore e rabbia

di Gangs 87
4 stelle

Continuando a cavalcare l’onda del momento, la cattiva abitudine di produrre film ad episodi diretti da vari registi, ancora una volta, una pellicola condivisa. Cinque episodi per altrettanti registi riuniti da un titolo che finisce per essere perentorio, laddove l’amore si sente e aleggia per tutta la durata accompagnata dalla rabbia relativa all’incapacità di riuscire a rappresentarlo nel modo opportuno. Delusione e noia totale.

 

L'indifferenza di Carlo Lizzani: ai piedi di un grande complesso residenziale, una ragazza viene aggredita da due uomini. Su una strada trafficata un uomo e sua moglie restano vittime di un incidente. In entrambi i casi nessuno interviene in loro soccorso dimostrando un grado di indifferenza disturbante. Ispirandosi alla parabola del buon samaritano, Lizzani riesce in modo fedelmente crudele l’egoismo umano ai giorni nostri. L’episodio migliore dei cinque, il più concreto e coinvolgente.

 

Agonia di Bernardo Bertolucci: alle soglie della morte, le ultime ore di un vecchio vescovo agonizzante sono rischiarate da una visione onirica la cui morale sembra ricondurre alla consapevolezza di aver trascorso un’esistenza vana e infruttuosa. Anche Bertolucci prende come spunto la Bibbia e partendo dalla parabola del fico sterile, attraverso l’utilizzo del sogno rivelatore inscena un marasma di movimenti e suoni gutturali che crede possano rappresentare molto più di quanto effettivamente riescono a fare. Dirige così l’episodio peggiore dei cinque, quello insopportabile ai limiti dell’irritante e senza dubbio quello meno comprensibile ai più.

 

La sequenza del fiore di carta di Pier Paolo Pasolini: Riccetto è un ragazzo distratto ed egoista, vaga svogliato per le strade di Roma senza rendersi conto della sofferenza che lo circonda nemmeno quando Dio prova a parlargli lui ascolta e alla fine muore. Ninetto Davoli interpreta un giovane incapace di comprendere il mondo a tal punto da rimanerne vittima, come a dire che il mondo, se non compreso, è capace di annientarti; un’altra interpretazione potrebbe essere invece legata o che dopotutto abitiamo un mondo indegno di essere vissuto.

 

L'amore di Jean-Luc Godard: due coppie, una in procinto di sposarsi e l’altra che farà da testimone, si trovano su due terrazze contigue, sullo sfondo Roma, e dialogano sull’amore e sulla diversità. L’approccio complesso che caratterizza da sempre il modo di vedere l’amore di Godard, raggiunge l’apice in questo episodio. L'episodio finisce per essere un breve sunto sulla condizione di inconciliabilità tra classi sociali ma lo fa attraverso un linguaggio troppo forbito e delle immagini estremamente contorte per abbracciare lo spettatore che perde il filo già dai primi minuti di discussione.

 

Discutiamo, discutiamo di Marco Bellocchio: durante l’occupazione universitaria, un gruppo di studenti dialoga di rivoluzione e non con un docente e non solo. In netto contrasto con gli episodi precedenti, dove la parola era ridotta al minimo indispensabile, un giovane Bellocchio, anche protagonista nei panni del docente, pasticcia nei ruoli e nelle intenzioni creando l’episodio più confusionario, che spesso addirittura sembra improvvisato, e pesante da seguire non il peggiore, vedere Agonia (di nome e di fatto) per credere ma sicuramente non raggiunge la sufficienza, fortunatamente con il tempo ha saputo farsi perdonare.

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