Regia di Billy Wilder vedi scheda film
La sceneggiatura di "Mauvaise graine" anticipa lo spirito delle commedie hollywoodiane sulla malavita, rimanendo però legata alla necessità di impostare il discorso morale sul realismo del dramma e dei suoi risvolti tragici. Non c'è ancora la levità di "A qualcuno piace caldo", ma i delinquenti sono, in parte, già caricature a metà tra il comico e il romantico. L'impianto narrativo è vivace, anche se un po' dinoccolato, come se cercasse di muovere i primi passi spavaldi e un po' maldestri fuori dagli schemi del cinema degli anni venti. Si nota qualche accento alla Chaplin, soprattutto nel ritratto del protagonista, scapestrato, buono a nulla e guascone, eppure amabile, per quella sua aria innocua e sognante da bravo ragazzo. Moderna è invece l'idea di concentrare le gag più spiazzanti sui personaggi e gli eventi di contorno (il furto dell'auto antidiluviana, eppure in rodaggio, il battibecco tra il proprietario di un'auto rubata e il poliziotto, il singolare leitmotiv delle cravatte), che prefigura quella coralità multicentrica grazie alla quale il cinema uscirà definitivamente dai registri espressivi del teatro. Per Billy Wilder questo film è una prova non magistrale, però certamente significativa, che propone un nuovo modo di utilizzare la macchina da presa: un modo che la fa parlare a più voci, con le quali, nello stesso tempo, racconta, descrive, insegna ed emoziona.
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