Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
L'oro requisto alla nobiltà e destinato a comprare grano per il popolo affamato dalla guerra civile, viene rubato mentre viene trasportato al luogo della compravendita. Parte una girandola di avventure e di inseguimenti.
E' un curioso esempio di cinema talentuoso e acerbo insieme: si nota tutta la stoffa di un futuro pezzo da novanta della cinematografia russa, come pure qualche incertezza nello sviluppo e nella conduzione della non facile trama.
Mikhalkov ci fa capire subito che non si limita a filmare gli attori un po' come capita, ma fa un vero lavoro di movimenti di macchina, di inquadrature, di gestione della luce e del colore (alternato con il bianco e nero). Nell'insieme è un film vivace e vitale, a tratti persino nervoso, e ricorda in questo "Il barbiere di Siberia" (1998). Mikhalkov si sarebbe cimentato anche in opere ben più statiche e riflessive, e basate molto sui dialoghi (come il bellissimo "Partitutra incompiuta per pianola meccanica"), ma qui sembra essere pieno di adrenalina.
L'argomento "rivoluzionario" c'è, ed è ortodosso rispetto alla versione della storia ufficiale che vigeva in URSS; tuttavia pare che al regista non interessi esaltare le gesta dei fondatori dell'Unione Sovietica, ma raccontare una storia di avventure, eroismo, amicizia, lealtà, rivalità, tradimento.
Piena di inventiva ed idee di regia, la pellicola si apre in un modo in cui noi non siamo assolutamente abituati, col sottofondo di una canzone che francamente fa venire il latte alle ginocchia. Ma prendiamo anche questo per originalità, e accomodiamoci a vedere questa specie di western girato nelle steppe della Cecenia. Gli attori sono tra i migliori del cinema russo, scritturati tra gli altri da Tarkovskij e da Larisa Sepitko, e sono ottimamente doppiati nella versione italiana.
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