Regia di Lino Del Fra, Cecilia Mangini, Lino Micciché vedi scheda film
L'esordio di Lino Del Fra, in collaborazione con la moglie Cecilia Mangini e Lino Miccichè, più noto come critico cinematografico (questa è in effetti la sua unica esperienza 'dall'altra parte della barricata'), è con questo documentario di quasi due ore di durata che indaga a fondo sulle ragioni storico-politico-sociali-economiche che resero possibile l'ascesa del delirio fascista in Italia. Nel 1961/2 poteva essere un lavoro all'avanguardia: proprio in quel momento infatti le vicende raccontate (con un triplice commento a cura di Gian Carlo Sbragia, Emilio Cigoli e Nando Gazzolo), per l'acquisita lontananza temporale, cominciavano ad assumere una prospettiva storica che le rendeva sviscerabili anche al cinema (nel gennaio 1962 usciva anche Benito Mussolini - Anatomia di un dittatore, di Mino Loy e Adriano Baracco; due anni più tardi, con testi di Enzo Biagi, Pasquale Prunas dirigerà Benito Mussolini, ulteriore biografia); di certo rivisto mezzo secolo dopo, questo All'armi siam fascisti può sembrare meno incisivo e coraggioso di quanto all'epoca fosse. Ma proprio perchè rivisto con un'altra dittatura ancora dilagante nello Stivale (quella televisivo-mafiosa di Berlusconi, per non lasciare nulla di non detto), il film assume persino maggior valore: evidentemente i discorsi tronfi di retorica dell'impettito Duce pronunciati dal balcone di piazza Venezia non hanno insegnato nulla agli italiani del '94, entusiasti per i discorsi tronfi di retorica dell'impettito Cavaliere prunciati dal balcone di casa sua, cioè di Canale 5. Ma fermiamoci qui, per evitare di deragliare ulteriormente dal nodo centrale dell'opera: ovvero, la totale mancanza di umanità del fascismo (leggasi pure berlusconismo, d'ora in avanti, in quanto sinonimi perfetti); il fascismo ha ammazzato, ha esiliato, ha soppresso le libere elezioni, ha perfino costretto una nazione alla guerra, si è reso ridicolo a livello mondiale alleandosi con Hitler, ha fatto suo il razzismo e lo squallore amorale del nazismo, convincendo gli italiani che era di ciò che avevano bisogno. Se questo documentario è stato possibile, lo si deve anche a un'intuizione molto furba che Mussolini (e Hitler, o chi per loro) fece: e cioè che i mezzi di comunicazione erano fondalmentali per la propaganda, e la propaganda per una dittatura è chiaramente tutto. Ecco perchè di quei terribili, nefasti anni sono rimasti così tanti documenti filmati, una simile mole di fotografie e registrazioni audio a non finire: perchè il fascismo è decollato anche grazie ai mezzi di comunicazione. Fra le sequenze più toccanti, quelle di guerra e quelle girate nei campi di concentramento; rivedere Mussolini che si pavoneggia sul suo balcone e spara qualche immane oscenità seriamente convinto di aver sentenziato chissà quale verità, è una scena patetica e allo stesso tempo esilarante alla massima potenza: se non si pensa a quanti morti, a quanta poverà e a quanta sofferenza tutto ciò ha causato. Fra cinquant'anni - ma forse anche meno - quest'ultima frase potrà essere riscritta e riletta sostituendo Mussolini con Berlusconi. 6,5/10.
Documentario che ripercorre la follia fascista vissuta dall'Italia fra gli anni '20 e i '40 del ventesimo secolo.
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