Regia di Nelly Kaplan vedi scheda film
Una di quelle commedie trasgressive fine anni '60 e anni '70 di cui il cinema francese conosce bene la ricetta. Spigliata e vivacissima interpretazione di Bernadette Lafont. Un film disgraziatamente introvabile. Il titolo italiano grida vendetta!
Il film racconta la sottile quanto terribile vendetta di Marie contro l’ipocrisia e la meschineria onnipresenti a Tellier, un immaginario paesello della Francia profonda, una località sperduta e deprimente come la foschia che perennemente la avvolge.
I mediocri notabili del villaggio raccontano che, al loro arrivo a Tellier, Marie e sua madre, nomadi e prive di documenti, furono calorosamente accolte e aiutate. In realtà, vennero sadicamente sfruttate dai personaggi più abbienti del luogo, che imposero loro lavori umili e penosi, arrivando a reclamare e ottenere prestazioni sessuali.
Un giorno, la madre di Marie viene travolta e uccisa da un pirata della strada. Dopo aver trasportato il corpo nella misera stamberga in cui viveva con la figlia, il vicesindaco Le Duc, il farmacista Paul e il guardacaccia Duvalier decidono, a cadavere ancora caldo, di dichiarare che il decesso è avvenuto per cause naturali. Nessuno auspica infatti che da un’indagine emergano le condizioni quasi inumane in cui erano costrette a vivere le due donne. Per Marie è la goccia che fa traboccare il vaso. Per la prima volta, si ribella.
Esasperata dalle continue molestie da parte dei maschi del paese e dopo la vile e gratuita uccisione dello splendido caprone che si portava appresso come animale da compagnia, mette in atto la sua vendetta, cominciando a prostituirsi. Incapaci di resistere al suo fascino e ricattati da Marie, che minaccia di rivelare tutto alle rispettive mogli se non passano alla cassa, i malcapitati mariti non possono far altro che pagare. A mo’ di sberleffo aggiuntivo, Marie si concede gratuitamente al proiezionista ambulante André o al giovane bracciante spagnolo Jesus. Si permette addirittura il lusso di rifiutare la proposta di matrimonio del guardacaccia Duvalier.
Con i proventi dei suoi incontri, comincia ad acquistare in gran quantità oggetti di ogni tipo, molti dei quali inutilizzabili non essendoci corrente elettrica nella sua arcaica abitazione. Un registratore, però, può funzionare a pile…
Ultimo atto della vendetta, Marie riesce a diffondere in chiesa, durante la messa, la registrazione delle confidenze e maldicenze raccolte nel corso dei suoi peccaminosi incontri. Menzogne e meschinerie dei rispettabili parrocchiani, comprese quelle del parroco, vengono alla luce sotto gli occhi di tutti. Furenti, si precipitano verso la capanna di Marie, ma arrivano troppo tardi. La ragazza l’ha incendiata ed è fuggita. I cari notabili non possono far altro che prendere a calci i resti di oggetti inutili… acquistati a loro spese!
Scalza e senza bagaglio, Marie imbocca la strada della libertà, una lunga striscia d’asfalto con la campagna prossima alla primavera sullo sfondo.
Di primo acchito, l’ambientazione nella provincia francese e la ridicolizzazione dei notabili di un villaggio richiamano temi tipici del cinema di Claude Chabrol. Tuttavia, se l’illustre esponente della Nouvelle Vague puntava essenzialmente sulla rivelazione di drammi o addirittura tragedie tenuti nascosti e sull’approfondimento psicologico dei personaggi, qui lo stile è quello della farsa raccontata con toni deliziosamente grotteschi.
Cosa che solitamente non faccio, ho raccontato interamente la trama (con tanto di spoiler giustificato dalla irreperibilità del film), perché ogni tentativo di riassumerla in poche righe mi è apparso inadeguato per rendere l’idea di una vicenda dal ritmo martellante, piena di colpetti di scena, siparietti e caratterizzazioni di personaggi che ne fanno una commedia trasgressiva e libertina di notevole spessore. Libertina, ma non erotica. Situazioni e dialoghi sono assai espliciti, ma l’abilità con la quale Marie riesce a mandare all’aria i bollenti progetti dei suoi maldestri clienti non lascia certo spazio a spogliarelli o focosi amplessi. Bernadette Lafont, che nel ruolo di sirena ammaliatrice aveva esordito nel cortometraggio “Les Mistons” di François Truffaut nel 1958, anticipa qui l’indimenticabile personaggio, che considero una delle sue migliori prestazioni, di Camille in “Mica scema la ragazza” (1972) dello stesso Truffaut. Una donna semplice ma libera e soprattutto arguta nel far leva sulle debolezze e la cecità di uomini prepotenti, volgari e sessualmente repressi. Senza starli a citare uno per uno, i vari notabili del paese sono magnificamente interpretati da alcuni tra i migliori caratteristi francesi dell’epoca.
La regia è di una donna e si sente. Nelly Kaplan, per un lungo periodo assistente di Abel Gance, è ricordata dai cinefili francesi soprattutto per questo film, che merita senza dubbio di essere un giorno recuperato.
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