Regia di Fritz Lang vedi scheda film
E se lungo l’arco del film quel senso di tradizionale moralità garantista, contro l’avventata e assolutistica pena di morte, cresce per divenire sempre più nobile e alto, lo stesso non si può dire della svolta finale, appiccicata un po’ così, ad issare là libertà di espressione del regista in opposizione alla moralista censura produttiva ancora in vigore. L’innocente, colpevolizzatosi per nobile intento, per cui avevamo tifato e anche penato con partecipata empatia, con il forzato colpo di teatro finale, si rivela essere il colpevole e non c’è amore che tenga a proteggerlo dalla sua responsabilità omicida e conseguente condanna. A Fritz Lang evidentemente interessava più la dirompente libertà espressiva che l’armonia e la plausibilità del racconto, anche considerando il forzato e approssimativo movente omicida. È quindi l'ambiguità bene/male insita nell'uomo comune ad interessare Lang, in un periodo storico ormai prossimo a smontare definitivamente l'educativa morale tradizionale e il suo manicheismo, con conseguenze contraddittorie e irreversibili.
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