Regia di Zar Amir Ebrahimi, Guy Nattiv vedi scheda film
Negli anni '50 la Persia dello Scia Mohammad Reza Pahlavi fu tra i primi paesi a riconoscere lo Stato di Israele. Ma una volta che la Rivoluzione ebbe rovesciato la monarchia i rapporti tra Israele e la neonata Repubblica Islamica d'Iran si deteriorarono irreversibilmente. Questioni di egemonia politica in Medio Oriente oltre che faccende religiose. Nonostante l'appoggio segreto all'Iran, nella guerra contro l'Iraq, Israele fu disconosciuto dal governo repubblicano fin dal suo insediamento. Da allora gli scontri tra i due stati sono stati più che altro per procura ma non devono e non possono stupire le scintille sviluppatesi dalla brace alimentata per mezzo di clamorosi proclami bipartisan. Da mesi ormai le dichiarazioni dei due paesi infiammano una regione fin troppo bollente. Si rischia l'espansione di un conflitto che di per sé è già fuori controllo. I missili iraniani non hanno aiutato a raffreddare i contorni della guerra di Gaza così come le operazioni militari israeliane in Libano, volte a stanare gli sciiti di Hamas appoggiati da Teheran, hanno gettato ulteriore benzina sul fuoco.
Questa premessa, per quanto sintetica, è doverosa e serve ad inquadrare il contesto in cui si cala "Tatami", un film che parla di sport solo nello strato più superficiale del suo essere cinema sportivo. "Tatami" è, prima di tutto, cinema civile, perché testimonia, efficacemente, l'intromissione dello Stato iraniano nella vita di un'atleta, Leila Hosseini, portata dalla Federazione di Judo a Tbilisi per gareggiare ai campionati mondiali. Quando il Consiglio dei Guardiani intravede concrete possibilità che la propria atleta possa scontrarsi con una israeliana intima alla IRI JF di ritirare la propria judoka adducendo un infortunio come scusante. La scelta del Consiglio è naturalmente politica e dimostra quanto accennato poc'anzi ovvero quanto siano tesi i rapporti tra stato ebraico e il paese del Golfo. Se il ritiro di un atleta, per evitare l'onta di una possibile sconfitta, possa sembrare talmente assurdo da non sembrare vero è bene comprendere il peso politico e propagandistico di una sconfitta sportiva patita dal più acerrimo dei propri nemici. In un paese dove l'indottrinamento, la censura e la repressione sono all'ordine del giorno un waza-ari subito da un judoka può diventare un ippon per il potere.
Un anno fa, alla premiere di "Tatami", fu accolta con curiosità la collaborazione tra il regista israeliano Guy Nattiv, vincitore del premio Oscar per il corto "Skin", e l'attrice e regista iraniana Zahra Amir Ebrahimi, vincitrice a Cannes del premio per la miglior interpretazione di "Holy Spider". Ora che la tensione tra i due paesi è aumentata a dismisura la regia a quattro mani tra un artista israeliano ed una iraniana è un esempio che lascia sperare per il futuro dei due paesi e che ci dice quanto il film abbia un'anima politica oltreché civile. "Tatami" si ispira alle minacce ricevute dal judoka Saeid Mollaei a cui la Federazione iraniana proibì di continuare il campionato mondiale di Tokyo 2019. Le minacce rivolte all'atleta e alla sua famiglia non servirono a fermare Mollaei che disputò due incontri prima di perdere. L'israeliano Sagi Muki si laureò campione mentre Mollaei fu costretto a riparare all'estero e gareggiare per il comitato Olimpico sotto la bandiera dei rifugiati.
Nattiv ed Ebrahimi declinano la storia al femminile per raccontare le vessazioni subite dalle donne oltre a quelle patite dagli atleti in gara. Il personaggio femminile mette in luce la rigidità della teocrazia iraniana, la violenza psicologia subita dalle donne e la loro mancanza di indipendenza. Il gesto di Hosseini quando si toglie di dosso il velo islamico per respirare è molto più che l'istintiva necessità di liberarsi dalla presa dell'avversaria e comunica, invece, il bisogno di liberarsi dalla morsa di un paese in cui le donne non possono fare nulla senza il permesso scritto di un uomo. Zahra Amir Ebrahimi ha diretto "Tatami" e l'ha interpretato assieme ad un cast largamente composto da esuli iraniani che hanno deciso di lasciare il paese per non tornarvi più. Le loro emozioni più profonde ed il loro coraggio sono dipinti nel volto di Arianne Mandi che ne rappresenta le ansie e la volontà di combattere. Magnifico, a mio avviso il bianco e nero, soprattutto il nero che spesso avviluppa completamente i corpi della propria cupa oscurità restituendo le tensioni e le paure della squadra iraniana e del Comitato organizzativo. Spettacolari le riprese sul tatami ed il taglio della fotografia che trasforma il palazzetto, con inquadrature strette, luci artificiali e anonimi fondali, in una gabbia che protegge e imprigiona allo stesso tempo le protagoniste della storia.
"Tatami" è un film da vedere, una lotta contro il sopruso e le intimidazioni del potere. Un colpo capace di immobilizzare a terra lo spettatore lasciandolo senza fiato. Arriva in un momento davvero critico per la stabilità di tutta l'area mediorientale. Non rappresenta propriamente l'Iran e tanto meno Israele ma una speranza flebile di pace alla quale non resta che aggrapparsi con la tenacia e la fiducia di una lottatrice.
Cineforum Leoniceno - Cinema Eliseo - Lonigo (VI)
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