Regia di Simone Massi vedi scheda film
un film bellissimo che ripercorre sessant'anni della nostra storia; quando penso a dove sto andando, mi si apre un abisso di nulla e allora vado al cinema.
zelinda imprime il proprio nome nella stalla; non è potuta andare a scuola, ma il padre scampato alla guerra e alla spagnola glielo ha insegnato, perchè se sai leggere e fare di contoriesci a non farti fregare troppo.
assunta sogna un mondo di colori mentre il re firma l'armistizio e la maestra si arrabbia e bastona a sangue le mani di un suo compagno che le risponde che armistizio significa a ver perso la guerra.
icaro figlio e nipote delle due donne è costretto ad abbandonare la stalla e la campagna e andare a vivere in uno di quei nuovi alveari in costruzione in città, per andare a nutrire il personale nelle fabbriche, sempre considerato un contadino e insultato dai compagni.
i bambini sopportano le miserie e le crudeltà della vita che l'umanità impone loro, volando letteralmente sulle ali della fantasia.
sul foglio bianco che la vita ti offre da imprimire con il tuo passaggio, un paesaggio rurale viene rinchiuso in una mano mentre intorno il mondo brucia seguendo regole umane che non tengono conto dell'uno, perchè tutti sono un numero da offrire per difendere confini di cui la natura non tiene conto, e sono un disegno meramente umano.
una madre collassa a terra con i polmoni devastati dalla spagnola; un contadino viene accusato dal padrone di aver fatto male i conti e non avrà nulla da dar da mangiare alla famiglia per tutto l'inverno e un padre sta stretto nelle soffocanti leggi del produrre e consumare che impone di abbandonare le campagne non più economicamente produttive, per affollare le stie industriale.
il desiderio di imparare(negato tutt'ora da orwelliani regimi incancreniti da una visione religiosa brutale e mortifera, ma anche da una visione "vintage" e "retrò" di un sistema politico e industriale vecchio e desueto e nostalgico); un mondo di colori in un periodo storico dove una pace fatta firmare, scatena un livore che pare partorito dalla mente di un geniale scrittore horror, e invece sopraffattori e padroni veleggiano in un ideale di società dove far morire di fame è una corretta punizione per vendicarsi rabbiosamente sui banditi che vengono aiutati da gente povera che crede che una giustizia debba esserci; e un bambino con un nome mitico che spumeggia di libertà assoluta, anche se relegata alle ristrettezze delle potenzialità umane, che viene schifato perchè contadino, e sogna del mare che non ha mai visto come suo nonno e lo immagina mentre l'italia viene fatta sprofondare in un sacrificale convivio nazionale per ricordare a tutti che gli ideali non sono di questo mondo.
guerre, massacri, epidemie, repubbliche sanguinarie che si sono trascinate rancorose come se nulla fosse nella nuova repubblica libera fino al gran bollito finale degli anni di piombo dove i sogni in cui una gran massa ha tanto creduto si sarebbero trasformate poi nella milano da bere in companatico alla grande abbuffata.
icaro giustamente non ci sta dentro e fugge alla ricerca di un mare che immagina, costretto a vivere in un labirinto di cemento da cui nessuno lo tirerà mai fuori perchè a mettercelo è proprio il padre che ripudiava quello che sommessamente ha finito per dover accettare.
"dov'eri finito?, ti abbiamo cercato tanto..." e la risposta di ICARO è devastante quanto spaventosa... bisognerebbe vivere e non solo esistere... ma chi dovrebbe insegnarcelo.......
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