Regia di Giorgio Verdelli vedi scheda film
E' quando la vita diventa "un buco nero in fondo al tram", che ci si ricorda (anche) di personaggi unici come Enzo Jannacci, della sua umanità, della sua tenera follia, della sua poesia. In realtà, per me, Enzo non è mai stato un artista secondario, uno che veniva dopo tizio e caio, ma, sempre per me, uno che, se proprio, era secondo solo a Fabrizio De André. Questo documentario ce lo riconsegna a distanza di dieci anni, da quella brutta primavera del 2013, quando se ne andò. E, guarda un po', da allora, il mondo ha cominciato un declino e "il buio in fondo al tram" è diventato il buio di tutti e, oggi, anche Enzino farebbe fatica a trovare una vena ironica in questo disastro. Ah, il documentario. Verdelli fa un semplice lavoro di "copia e incolla", raccatta qui e là le solite interviste inginocchiate di artisti che hanno condiviso (e meno) il percorso esistenziale con Enzo, e, ovviamente, mette le sue canzoni (usando anche filmati rari) che da sole dicono più di tutti questi 97 minuti. D'altronde Jannacci era le sue canzoni e i loro personaggi, dal barbone che andava all'Idroscalo al cane coi capelli a quello che parlava ai limoni: non c'è bisogno d'altro, così questo doc fa il suo lavoro, un po' in sordina, ed è uguale a tanti altri, però è propedeutico a chi Jannacci lo ha sempre poco considerato ed è propedeutico alla commozione a chi, come me, lo ha sempre adorato. Un voto è del tutto inutile e relativo: di Cinema ce n'è poco, ma c'è molto di altro. E questo, per me, basta e avanza. Ciao Enzo.
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