Regia di Ryûsuke Hamaguchi vedi scheda film
Il Male non esiste, e neanche il Bene sta troppo bene. Hamaguchi fa una sosta dopo i viaggi di Drive My Car, in corrispondenza di un piccolo paesino circondato da boschi a 2 ore da Tokyo, tutto legna da accettare, laghi da esplorare e cervi da scorgere fra i tronchi. Il regista premio Oscar apre il film con quasi mezz’ora di contemplazione attonita di un mondo schiarito dalla neve, candido e condito dalle sole parole necessarie, suoni della natura o suite ipnotica per archi (di Eiko Ishibashi, degna erede di Mihaly Vig). Ma già è tutta una questione di microfatture interne, di improvvisi silenzi, di allusioni a quiete prima di una tempesta.
E basta uno stacco di montaggio per passare alla riunione che due persone di Tokyo stanno tenendo con gli abitanti del luogo. Devono convincerli che l’idea di costruire un centro di glamping (dalla crasi di camping e glamour) nel monte sopra il paese sia una buona idea. Ma gli abitanti del luogo non sono d’accordo, e portano sul tavolo tutti i necessari limiti pragmatici all’idea, dall’inquinamento delle acque fino all’invasione di uno spazio regolarmente attraversato da cervi. La gente di Tokyo comunque non ha intenzione di fermarsi.
A guardarlo è un film limpido, semplice e lineare. A ripensarlo è difficile trovare una quadra unica che illustri il punto del film con precisione. Il film è genuinamente misterioso, nonostante l’apparente candore; in realtà è un sistematico processo di inquinamento delle immagini, appesantite da un uso imprevedibile delle musiche, da improvvisi momenti a camera a mano, da nebbia, fumo, escrementi, fino all’enigmatico e irrisolvibile finale che pone più di una domanda e incoraggia forse a una lettura più simbolica che narrativa. La ragione a proposito dell’oggetto del contendere sta da una parte che è ovvia e ben leggibile, ma non sarà sempre così nel film e anche in questo sta il suo progressivo inquinamento. Comunque sia, è un film che conferma il passo solenne e magistrale di un regista che ha sempre un’idea complessiva, precisa e rigorosa dell’intera struttura delle sue opere - e non è quasi mai scontato, al cinema. E si rimane sconcertati, ammirati e tragicamente in sospeso.
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