Regia di Nikolaj Arcel vedi scheda film
Dopo la sfortunata parentesi americana, con il flop del rifacimento kingsiano de "La Torre Nera" (difficoltà peraltro altissima), il danese Nikolaj Arcel torna in patria e torna a dirigere un film sul settecento danese, che tanto gli aveva ben fruttato con "The Royal Affair", Orso d'Argento a Berlino 2012 e candidatura agli Oscar. Lo fa recuperando quel grande attore che è Mads Mikkelsen, caricandogli sulle spalle la figura di Ludvig Kahlen, comandante di (s)ventura che a metà del settecento decide di colonizzare la brughiera danese, terra dal clima impossibile. Così facendo si mette contro i proprietari terreni di allora, con tutte le conseguenze del caso. Sceneggiatura un po' prevedibile, tratta da un romanzo del 2020, ma che viene riscattata da un film robusto, girato bene, furbo quanta basta e che riesce a essere epico senza diventare (troppo) retorico. Un'impresa che (in genere) solo i registi nord europei riescono a portare a termine in modo positivo, fautori di un Cinema rigoroso anche negli imbellettamenti del caso. Mads Mikkelsen è il mattatore, figura alla Clint Eastwood, sguardo di ghiaccio e quasi immune a ogni accadimento: eccezionale. Il resto è freddo e western, dove al posto del deserto c'è la brughiera, dove i "villains" sono facilmente riconoscibili e dove si empatizza in cinque minuti con questo comandante severo ma dal cuore puro. Insomma, il film ha tutti i crismi del kolossal, ma non affoga nello zucchero e quando deve colpire duro lo fa senza problemi. Due ore di visione mai noiosa, con attori, tutti, in splendida forma. Un western in costume di buona efficacia che sta già riscuotendo i suoi bei premi, del tutto meritati. Viva la Danimarca e il suo Cinema.
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