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The Theory of Everything

Regia di Timm Kröger vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Theory of Everything

di port cros
7 stelle
80° MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA - IN CONCORSO  
 
Quasi in contemporanea con l'uscita di Oppenheimer di Nolan, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia arriva un altro film , in questo caso tedesco e di genere thriller, che prende spunto dai concetti complessi della fisica del Novecento, citando anche la frase più celebre dell'inventore della bomba atomica. L'incipit negli studi televisivi di Amburgo nel 1974:  il quarantenne studioso di fisica Johannes Leinert presenta in tv il suo romanzo autobiografico La Teoria del Tutto, venendo deriso dallo scettico conduttore per la sua ambizione di enunciare teorie che rivoluzionerebbero la fisica moderna, pur non avendo neppure completato il suo dottorato. Un flashback ci porta indietro a dodici anni prima, quando il giovane dottorando Leinert accompagnava il suo professore ad un convegno di luminari della fisica in un albergo sulle Alpi Svizzere. Il convegno viene poi annullato, ma nel grande hotel di montagna Johannes inizia ad essere testimone di eventi strani ed inspiegabili, legati ad un misterioso tunnel sotterraneo che si diparte sotto l'albergo nel ventre delle montagne,  incontra un altro professore di fisica che scompare misteriosamente, due ragazzini curiosi che si intrufolano dove non dovrebbero, la giovane pianista Karim di cui si invaghisce e che sembra conoscere segreti del suo passato e del suo futuro.
 

Jan Bülow, Olivia Ross

The Theory of Everything (2023): Jan Bülow, Olivia Ross

 
La trama si ingarbuglia in un mistero che sempre più si infittisce senza trovare mai una spiegazione, ma quello che colpisce del thriller di Timm Kröger è lo stile che certamente tradisce lo studio approfondito dei classici della filmografia del passato: la fotografia in bianco e nero che fa sapiente uso espressionista delle ombre, la magniloquente colonna sonora orchestrale che ricorda quelle di Bernard Herrmann, il gustoso spezzone di film italiano anni 70 tratto dal romanzo di Leinert che rimette in scena, nello stile tipico delle pellicole di quel periodo, le scene che abbiamo già visto, scene che ci sembra di aver già visto in opere di Hitchcock o di Lynch.
Così Kröger riesce ad avvincerci al suo mistero, anche se verso i due terzi del film capiamo non sarà mai in grado di tirare a capo tutte le fila dell'intreccio e quindi il finale non risolve nulla, seppur all'inizio Leinert avesse citato il concetto (oggi cinematograficamente abusato) di multiverso, così siamo portati a trovare lì la non-spiegazione di un film che brilla dal punto di vista stilistico più che contenutistico, ma comunque il regista si dimostra un abilissimo creatore di suggestioni.
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