Regia di Agnieszka Holland vedi scheda film
80° MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA - IN CONCORSO
Nel 2021 confine orientale della Polonia giungono masse di migranti, strumentalmente invitati dal dittatore Lukashenko a transitare per la Bielorussia al fine di dare fastidio sull’Unione europea creando una pressione migratoria al suo confine orientale. I polacchi , da sempre ostili all’immigrazione, temendo di subire un’invasione blindano il confine, creando una zona speciale dove vige lo stato di emergenza , è vietato l’accesso ai civili e la polizia effettua pattuglie per respingere i migranti verso la Bielorussia.
La regista polacca Agniezska Holland adotta uno stile documentaristico per immergerci nel cuore umano della crisi, intrecciando il viaggio sofferto e anche straziante dei profughi che cercano ad ogni costo di entrare nell’Unione europea per chiedere asilo ma restano intrappolati nella zona speciale, con la prospettiva di una guardia di confine con la moglie incinta impegnato nei respingimenti e infine con le azioni semiclandestine degli attivisti che portano cibo, acqua e assistenza medica di base agli immigrati rischiando sanzioni per violazione delle leggi speciali, concentrandosi in particolare su una psicologa polacca che ha perduto il marito a causa del Covid e che ora decide di dedicarsi alla causa umanitaria. L’empatia per la sofferenza dei profughi (una famiglia in fuga dalla Siria con i bambini, una colta donna afghana il cui fratello aveva lavorato a Kabul con il contingente polacco, una giovane ivoriana in stato di gravidanza) rappresenta il cuore pulsante della pellicola, girata in bianco e nero e ambientata quasi interamente nel fitto delle foreste del “confine verde”, trasformatesi in trappola e girone infernale per gli immigrati.
La Holland denuncia senza sconti la demonizzazione dei migranti da parte del governo polacco, con il comandante delle guardie di confine che ripete ai suoi uomini che i migranti “non sono persone, ma pallottole umane” e contrapponendo a queste parole disumanizzanti la rappresentazione del dramma di persone costrette a scappare di notte in mezzo ai boschi, impantanate in acquitrini senza accesso ad acqua potabile né a cure mediche, braccate e sottoposte a soprusi da parte di militari inviati dai loro stessi superiori ad agire con brutalità.
Il suo film sconta qualche caduta nella retorica, qualche manicheismo di troppo (le guardie di confine fin troppo spietate e disumane sembrano kapò nazisti) e una durata eccessiva (quello che l’autrice voleva comunicare l’aveva già ampiamente detto in due ore, una mezz’ora è di troppo). Tuttavia, al netto di qualche difetto, Zielona Granica è un’opera di denuncia efficace e bruciante, che soprattutto nel suo Paese di origine farà scalpore per l’attacco frontale al governo di Diritto e Giustizia e alle sue politiche migratorie, contrapposte nel finale al ben diverso atteggiamento tenuto nel 2022 con i rifugiati ucraini, accolti in numeri imponenti in Polonia.
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