Regia di Cord Jefferson vedi scheda film
Thelonious "Monk" Ellison, scrittore afroamericano in crisi, pubblica un romanzo "di genere" dagli intenti volutamente satirici verso i luoghi comuni pretesi dalla narrativa nei confronti della "narrativa black", ottenendo un insperato e indesiderato successo.
Cord Jefferson, dopo una lunga esperienza prima come giornalista e poi come sceneggiatore per la televisione (Master of None, The Good Place, Watchmen) arriva alla regia con una trasposizione decisamente puntuale del romanzo Erasure dell'ottimo scrittore Percival Everett, satira sui paradossi presenti nell'ideologia woke e nella cancel culture. Il film mantiene il carattere ambiguo del libro, nel quale l'apparenza dell'apertura mostrata nei confronti delle minoranze rimane a tutti gli effetti una forma di prevaricazione e di supremazia culturale bianca (impossibile in tal senso non pensare alla satira di Get Out). Lo scrittore e intellettuale Thelonious "Monk" Ellison non riesce a far accettare i suoi romanzi, perché non abbastanza "black" secondo il sentire comune dominante e quando, spinto dallo sdegno, decide di esasperare i toni e gli argomenti come denuncia di questa situazione (arrivando a inventarsi come autore un alter-ego ergastolano in fuga), questa non viene colta e al suo posto vengono eretti verso il suo romanzo ponti d'oro dall'editoria e da Hollywood. Assistiamo quindi non tanto ad una svendita da parte del protagonista, quanto a una sua costante umiliazione dove il suo pensiero libero viene a forza "ghettizzato" secondo l'immaginario bianco: esemplare in tal senso la scena del premio letterario dove il protagonista partecipa come giurato, nel quale viene fatto vincere il libro del protagonista perché ritenuto importante per mettere in luce la comunità nera e poco importa se a farlo vincere è il voto di giurati bianchi contro il voto contrario dei due unici afroamericani presenti (che erano stati convocati espressamente per un bilanciamento etnico della giuria) che lo giudicano, a ragion veduta, finto e ruffiano.
Il protagonista Jeffrey Wright ben si presta alla rappresentazione di quest'intellettuale etico, un po' noioso ma comunque autoironico, con una recitazione prevalentemente in levare, con una rabbia crescente che non trova quasi mai vero sfogo (e che quando lo fa, fallisce o sbaglia bersaglio). Meno interessanti forse gli altri personaggi, dal fratello che da finalmente sfogo alla propria omosessualità a lungo repressa, alla vicina attratta dal protagonista, strutture non troppo sfaccettate e che poco aggiungono alla vicenda.
Cord Jefferson gira con misura e senza particolari guizzi (si fa notare una bella zommata a retrocedere all'interno di una festa all'aperto e poco altro), ma la pietanza offerta dalla sceneggiatura era già sufficentemente forte da bastare a se stessa senza bisogno di ulteriori condimenti.
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