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American Fiction

Regia di Cord Jefferson vedi scheda film

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La recensione su American Fiction

di mm40
7 stelle

Thelonius insegna letteratura, soffocando le sue ambizioni di scrittore. Quando viene messo in momentaneo congedo a causa del suo stile di insegnamento provocatorio e anticonformista, l'uomo decide di gettarsi nella creazione di un nuovo romanzo. Non solo i suoi sforzi non portano a nulla, ma nel frattempo una scrittrice afroamericana scala le vette della popolarità con un libro farcito di stereotipi e banalità in odore di razzismo. A Thelonius non rimane che pubblicare, sotto pseudonimo, un libro ancora più ridicolo, volgare, pieno di luoghi comuni sui neri.


Cord Jefferson, già sceneggiatore di alcune serie tv, decide di passare alla regia con questo copione da lui stesso scritto, tratto da un romanzo di Percival Everett; American fiction è una provocazione forte, diretta e a tratti esilarante che mira al cuore di tutto il sistema culturale statunitense, ma assolutamente comprensibile ovunque e in qualsiasi epoca. Perché la cultura revisionista a oltranza, che cancella ciò che risulta sgradito anche solo a una minoranza di pubblico, che sta sempre dalla parte della vittima anche e soprattutto quando a sua volta in torto, è ormai diffusa dappertutto e non è neppure invenzione dei giorni nostri; ma è proprio la degenerazione malata e perversa, fortemente autolesionista, del movimento woke ad aver creato mostri e censure, nonché ad aver ravvivato antichi stereotipi e ad averne perfino creati di nuovi. Questo ci dice American fiction, questo preme raccontare a Jefferson tramite le gesta di Thelonius Monk Ellison, scrittore fallito quando punta sugli argomenti e autore di successo non appena, per scherzo, si butta sulla retorica, sulla volgarità, su tutto ciò che della letteratura contemporanea lo infastidisce. “Monk” come Travis Bickle? Assolutamente sì: American fiction è un Taxi driver intellettuale (e sì, meno tarato psicologicamente), dove l'antieroe al centro della storia fa di tutto per rigettare una società che detesta con tutte le sue forze, finendo comunque per venirne inghiottito, assimilato, normalizzato. Un film gravido di riflessioni importanti, esplicite o implicite ma della massima serietà, sdrammatizzate da un paio di personaggi più lievi (il fratello inaffidabile, la governante che trova l'amore in tarda età) e con una trama fitta forse anche troppo, che vede in poco meno di due ore succedere di tutto e di più: funerali, matrimoni, ospedalizzazioni, nuovi amori, catastrofi e trionfi. E questo potrebbe essere il lato meno riuscito del lavoro. Eccellente Jeffrey Wright come protagonista, ma ne escono molto bene anche gli interpreti attorno a lui: Sterling K. Brown, Issa Rae, Erika Alexander, Leslie Uggams, Myra Lucretia Taylor. Al netto di tutto, una sana ventata di ironia e un attacco intelligente alle ipocrisie contemporanee. 7/10.

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