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La memoria dell'assassino

Regia di Michael Keaton vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su La memoria dell'assassino

di John_Nada1975
6 stelle

Michael Keaton a sedici anni di distanza da "The Merry Gentleman" si conferma regista interessante e volutamente neoclassico, per molti versi anacronistico, come i maestri "eastwoodiani" o "costneriani" con i dovuti distinguo e ossequi.

Che che sa interessarsi a buone storie e dotarsi di buone sceneggiature, se non di ferro, senza -quasi- alcuna delle cazzate e degli stilemi(odio questa parola da giornalai ma non me ne viene in mente altra) modaioli e ipercinetici, che infestano il cinema di un certo tipo poliziesco, oggi.

Il tema è nelle corde e negli interessi di quello del film precedente da regista di Keaton.

Protagonista John Knox,  un sicario superprofessionista che vuole uscire dal giro anche perché non più in grado di lavorare e con un figlio perso da anni(James Marsden, poi capiremo perché), pure da dover improvvisamente aiutare a tirarsi fuori da un omicidio d'impeto di un trafficante di ragazzine;  particolare di questo suo ultimo film e all'età di 72 anni, per una forma diagnosticatagli da insigne neurologo di San Francisco, cioè la sindrome da Creutzfeld-Jacob, demenza tipo Alzheimer ma in forma eccezionalmente accelerata, che nel giro di solo qualche mese farà svanire in lui, ricordi, connessioni, nomi, volti, numeri, indirizzi, tutto.

Strano che mai si citi la cosiddetta "mucca pazza" che circa 24 anni fa fu una delle prime "prove generali" di pandemie mediatiche, create, orchestrate e poi spente dai servi dell'informazione, a cui proprio la Creutzfeld- Jacob e i suoi sinistramente resi famosi "prioni" distruttori di lobi cerebrali, era stata resa strettamente legata.

Keaton da questo spunto sulla sopravvenuta caducità del tempo e dei ricordi, già più volte affrontata anche nel cinema recente, imbastisce un noir molto lento(per 114'), rarefatto e meditativo, dagli incastri che sono sempre quello che non appaiono, girato prevalentemente in interni con poca illuminazione, e scene notturne, tavole calde con pochi "hopperiani" avventori, tutto questo nella prima parte. Una sola sequenza di azione veloce, una colluttazione contro tre uomini dell'est e sicari a quattro ante, a 25,' dalla fine, in cui il nostro mostra ancora tutte le sue attitudini e qualità nonostante l'età e la malattia, a causa di una donnaccia dell'est -unica che lo tenta e stupidamente di tradire davvero-, di Cracovia, una prostituta slava di almeno 40 primavere più giovane, remunerata ogni settimana da anni, per dei giovedì pomeriggio di sesso.

Buona anche la scelta e l'utilizzo degli attori, con una rediviva Marcia Gay Harden come ex moglie di Knox, ma soprattutto Al Pacino nella parte di Xavier Crane, l'anziano("ho quasi 90 anni'' dice addirittura di sé in una scena nella vasca da bagno)mentore e "protettore-risolvi problemi" di Knox, colui che lo ha introdotto nella professione e nei "contratti" dal mondo dei titoli universitari e dell'insegnamento da cui addirittura proveniva, tanti anni prima.

A lui sono riservate tutte le migliori battute e considerazioni filosofiche, propugnate da Qualcuno che nella vita è riuscito a divenire ricco sfondato, del film, per una volta non in una delle partecipazioni macchiettistiche e puramente "marchettone" in prodotti orribili come "Hunters" di Pacino, negli anni della senilità.

Seppure il balletto finale in ombra controluce con la squinzia di 50 anni più giovane, come è pure nella sua realtà, era meglio evitarlo.

Niente di eccezionale ma comunque un buon risultato complessivo, dal certo stile e utilità di rimandi a generi e film dei '70 e degli '80 più che i '90 del "pulpismo". Non poco, di questi tempi. 

Pessimo titolo italiano di una sconcertante banalità da "prima serata TV" e con almeno altre decine di film e telefilm dallo stesso. Molto più appropriato e suggestivo per una volta il titolo originale "Knox Goes Away", che ben si presta al duplice significato e proposito tenuto nel film dal protagonista.

Non stupisce che così venga distribuito e recepito nel pressoché totale anonimato. 

La scarsità di recensioni italiane reperibili- e una delle poche, agghiacciante per quanto sia fuori di sè oltre che fuori fuoco, lo bolla di "machismo"- rispetto a boiate come "The Hit Man", lo dimostra.

 

John Nada

 

 

 

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