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The Dead Don't Hurt - I morti non soffrono

Regia di Viggo Mortensen vedi scheda film

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Ted_Bundy1979

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La recensione su The Dead Don't Hurt - I morti non soffrono

di Ted_Bundy1979
7 stelle

Convincente prova registica di Viggo Mortensen che fa un pò di tutto componendo anche la colonna sonora(alla Clint Eastwood- Lennie Niehaus, tanto per denotare un'altra affiliazione con lo stile e i temi narrativi del Maestro), ma dalla consapevolezza e padronanza dei temi crepuscolari, forte e personale.

E realizzando un western intimistico su di un amore totalizzante alla messa età e ben oltre fra Holger Olsen, un uomo dalle mille capacità ed esperienze, ma anche tragici ricordi, ex reduce e danese di origine, e Vivienne Le Coudy, donna di origine canadese francofona, lei molto più giovane, per sua forte e spontanea tempra personale destinata a prendere anche in pieno volto(la violenza carnale, il pestaggio) molte se non tutte delle brutture della vita, in un contesto del selvaggio west durante gli anni pre e durante la Guerra di Secessione 1861-1865, che più ostile e malvagio non si potrebbe dire. 

Ma non per gli indiani della frontiera, o l'ostilità della natura ripresa anzi quasi sempre nella sua panteistica bellezza, e nello splendore lento dei suoi paesaggi e tramonti come nel lungo, obbligato finale fisso sul mare "alla fine di questo mondo"  Come ne ''I Due volti della vendetta", e raro nei western. Quanto per la rapacità e mancanza di scrupoli che morale degli uomini di potere e denaro, allora come sempre e ben rappresentati da due interpreti di peso caratteristico come Danny Huston(il sindaco Rudolph Schiller), e Garrett Dillahunt/Alfred Jeffries(l'imprenditore e Uomo più ricco della città), che ovviamente tiene in pugno e ricatta come meglio ne ha interesse, il primo.

Scheggia impazzita che andrà a fare scontrare la vita di tutti i citati personaggi,il violento e ingestibile figlio del secondo, Weston Jeffries, impersonato da Solly McLeod.

Nonostante un certo vistoso intento di realizzare un western all'interno di un racconto marcatamente femminista, con un personaggio femminile- tranne il marito Olsen interpretato con bravura e consueta sua stilizzata sottrazione dallo stesso Mortensen, e il pianista del saloon che la aiuterà quando lui sarà per 4 lunghi anni lontano in guerra- , ben superiore come responsabilità, etica, carattere e sensibilità di ognuno degli uomini che incontra e la circondano, Mortensen è i suoi sceneggiatori sono bravi, a non concedere nulla a certe forzature ed esagerazioni di comportamenti e contenuti ideologici, imposti da certi dettami propagandistici di oggi negli altri film, che sarebbero risultati assolutamente forzosi ed artificiali, nel 1860.[...] Continua

 

 

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