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The Royal Hotel

Regia di Kitty Green vedi scheda film

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La recensione su The Royal Hotel

di mck
7 stelle

Una tensione palpabile che, per quanto giochi su "improbabili" ribaltoni comportamentali riguardanti gli stereotipi ambulanti d'ambo i sessi mossi sulla scacchiera del bush australiano, si fa percepire pesantemente: e ciò è (in generale e in particolare) quasi sempre un bene.

 

Cameriere ↔ Minatori.   
Hanna/Louise (Julia Garner: “Martha Marcy May Marlene”, “Everything Beautiful Is Far Away”, “Ozark”, “Waco”, “Maniac” e "the Assistant") e Liv/Thelma (Jessica Henwick: “Game of Thrones”, “Underwater”, “Love and Monsters”, “Glass Onion: A Knives Out Mystery”), due statunitensi inconsapevoli aspiranti incendiarie in vacanza-fuga in Australia finiscono i soldi a Sidney e perciò decidono di accettare un lavoro in pieno outback, e l’entroterra machista/maschilista – con l’alibi di una dea madre del focolare aborigena (Ursula Yovich) posto a contrappeso dallo zeitgeist di un genius loci furbacchione – sigillerà la loro avventura di genere (scontro sessuale e mash-up cinematografico: siamo parimenti lontani tanto da “WalkAbout” di Nicolas Roeg e “Picnic at Hanging Rock” di Peter Weir quanto da “Wolf Creek” di Greg McLean) con un bel “Let her rip!” che risolve tutto.

 


Femmine ↔ Maschi.    
Se per la massa muscolare il discorso è abbastanza intuitivo (quando un maschio di 90 kg e una femmina di 45 kg, coetanei e di pari esperienza - alta o bassa che sia - nella lotta corpo a corpo, si contendono normalmente com’è d’uopo in seno alla civile società l’uso-scettro di un’ascia in legno e ferro, è molto probabile che, se pur involontariamente, a farsi male sia la 2ª in vece del 1º), forse non è così immediato assimilare e processare il fatto che a parità di g/L di composti organici con atomo di carbonio legato a un gruppo funzionale idrossilico/ossidrilico assunti in rapporto al peso corporeo l’organismo umano femminile produce e possiede una minor quantità di enzima ADH (alcol deidrogenasi) per catabolizzare l’etilicità del sangue, ma, per contro, anche - stando all’Università del Kentucky o del Kansassity, adesso non ricordo bene - una maggior capacità di tradurne gli effetti in “rilassamento sedativo” piuttosto che, come invece la controparte maschile, subire ed esprimere un grado di “stimolazione, aggressività, confidenza e perdita di inibizione” maggiore.

 


Australiane ↔ Britanniche ↔ Statunitensi (sedicenti canadesi).   
Kitty Green (nata a Melbourne nel 1984), dopo tre documentari militanti (i lunghi “Ukraine Is Not a Brothel”, sul movimento femminista di protesta Femen, e “Casting JonBenet”, una variazione arty sul real/true crime, e il corto “the Face of Ukraine: Casting Oksana Baiul”), un primo lungometraggio di finzione ("the Assistant") e due episodi di “Servant”, con questo “the Royal Hotel” (fotografia di Michael Latham, montaggio di Kasra Rassoulzadegan, musiche di Jed Palmer e resto del cast principale completato dall’Hugo Weaving di “Lord of the Rings” & “the Hobbit” e dal Toby Wallace di “Pistol” e “the Bikeriders”), da lei come sempre scritto, qui con Oscar Redding (attore in “Top of the Lake”), traendolo dal documentario antipodicamente alquanto fondamentale “Hotel Coolgardie” di Pete Gleeson di un lustro prima, prosegue con pedissequa urgenza il suo discorso femminista in zona Sundance (ma è stato presentato in concorso al 48° e al 50° Festival di Toronto e di Telluride assieme ai lavori di Jonathan Glazer, Hayao Miyazaki, Bertrand Bonello, Aki Kaurismaki, Yorgos Lanthimos, Alice Rohrwacher, Errol Morris, Hirokazu Kore-eda, Wim Wenders, Andrew Haigh, Jeff Nichols, Alexander Payne, Atom Egoyan, Michael Winterbottom, Lukas Moodysson, Viggo Mortensen, Emerald Fennell, Steve McQueen, Michel Franco, Pablo Larraín, Justine Triet, Warwick Thornton, Ryusuke Hamaguchi, Ethan Hawke, Mahalia Belo, Ellen Kuras, Ava DuVernay, Saverio Costanzo & C.) verso un catartico/epifanico locus amoenus che nasca dalle mataforiconcrete ceneri (che danzano nell’aria sulle vibrazioni del noise-punk-hardcore-jazz dei Party Dozen di “the Worker”) di un locus horridus/terribilis.

 

 

Una tensione palpabile che, per quanto giochi su "improbabili" ribaltoni comportamentali riguardanti gli "irritanti" stereotipi ambulanti d'ambo i sessi mossi sulla scacchiera del bush australiano, si fa percepire pesantemente: e ciò è (in generale e in particolare) quasi sempre un bene.

 

* * * ½ - 7.00     

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