Regia di Maurice Pialat vedi scheda film
RETROSPETTIVA MAURICE PIALAT - CINEMATHEQUE DE NICE
Una Sandrine Bonnaire quindicenne buca lo schermo con la sensualità prorompente ma “a portata d'essere umano” che la giovinezza le regala e concede, lanciandola con tanto di un Cesar che risulterà appropriato ed evocativo (“per la migliore speranza femminile”,traducendo letteralmente dal francese) di una carriera lunga e fruttuosa che la renderà uno dei giovani nomi di spicco per oltre un trentennio. Lei che aveva iniziato per caso l'anno precedente con una piccola apparizione ne Il tempo delle mele, notata poi da Pialat e scelta come protagonista di un film che affonda prima di nascere, ma richiamata proprio da Pialat (con cui interpretò nuovamente poco dopo Police, accanto alla Marceau del suo debutto, e Sotto il sole di Satana) per interpretare la rigogliosa, fiera, determinata ma anche fragile Suzanne, alle prese con le prime esperienze sessuali e le incognite di una vita che ti spinge a fremere e a voler tutto subito, salvo poi, fin troppo spesso, lasciarti delusa ad affrontare i problemi e le conseguenze che affiorano dopo lo sballo e la festa.
In fondo !Ai nostri amori” è un “Tempo delle mele” di un'altra dimensione: meno edulcorata e ruffiana, più d'autore e per questo legata come il primo alla realtà di tutti i giorni, tuttavia meno edulcorata e strappa applauso, ma anzi vera, carnale, schietta fino a risultare snervante e ostica: senza genitori fintamente seri ma poi accomodanti, belli e sereni, ma piuttosto dinanzi ad una famiglia di piccoli imprenditori dall'aria spesso sgradevole, umorali, litigiosi, flemmatici e subito dopo irosi, che tirano avanti con una piccola sartoria di famiglia con le nevrosi, le insicurezze ed i colpi di testa che la cronaca di tutti i giorni già a quei tempi ben ci descriveva.
Ecco dunque Suzanne combattuta e divisa dopo un primo fugace amore con un turista americano; il primo amore vero con un ragazzi biondo che improvvisamente la lascia per poi rincorrerla invano; e di qui amori e avventure disparate anche nello stesso giorno, gli scontri e i litigi in famiglia che si acuiscono quando il padre improvvisamente (ma avendolo prima confidato solo a Suzanne), scappa di casa lasciandoli soli a condurre un'attività che appena gli dà da vivere; fino ad un fidanzamento ufficiale con un ragazzo dall'aria affidabile (è Cyril Collard, notissimo dieci anni dopo per il libro e film-testamento “Le notti selvagge”, diario ironico e disincantato e senza piagnistei di un calvario di un malato di Aids, in cui l'attore interpreta se stesso, la sua bisessualità senza remore nell'istant movie che commosse la Francia e mezza Europa), le liti furenti con una madre disturbata ed un fratello non in grado di sostenere il ruolo del capo famiglia.
Quella di Pialat è la famiglia vera, che naufraga nella noia e nella ricerca di nuovi stimoli proprio altrove, al di fuori del limbo senza stimoli ma anzi castrante che le fredde pareti di casa comunicano senza pietà.
Ai nostri amori vive della carnalità sconsiderata e fiera della giovinezza, propria di una natura che si fa sentire e non ha bisogno di regole e convenzioni, e delle imposizioni e restrizioni di una morale di comportamento della quale gli stessi garanti poi si stufano rinnegandola (il padre di Suzanne, mellifluo e contraddittorio, ben reso dallo stesso regista Pialat).
Ancora un gran Pialat che non si preoccupa di piacere, ma solo di raccontare e filmare sensi incontrollabili ed istinti prorompenti, e sensi di colpa che straziano quando ormai è troppo tardi.
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