Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film
Tra i sei migliori film distribuiti nel 2023, un anno che cinematograficamente somiglia pericolosamente a quello "0", con ben pochi titoli che hanno avuto davvero qualcosa da dire, questo è alla fine dei 12 mesi, uno dei pochi. Forse anche il migliore in assoluto prodotto fin qui da Netflix, dopo "The Irishman" di Scorsese nel 2019. Bayona polverizza il solo ricordo dell'anonimo film americano Universal del 1992, e cosa ancora più grave per una trasposizione cinematografica di un evento talmente potente ed emotivamente di profondo impatto, senza personalità nè emozione.
Il regista spagnolo invece, aiutato anche dalla colonna sonora stupenda di Michael Giacchino, realizza un film di panteismo naturalista e quasi religioso, da "Malick in lingua iberica e cultura latina", memorabile sull'indomito spirito di sopravvivenza dell'uomo, e di solidarietà in condizioni "estreme" come di "ritorno dalla morte". Una "società creata dalla neve e dal ghiaccio", di simili e sodali accomunati da una terrificante esperienza e da un destino che pare impossibile da cambiare di segno. Esattamente tutto ciò che manca di più nella "società aperta" all'esterno delle montagne e delle valli gelate, battute da continue potentissime tormente.
Dal libro stesso di uno dei sopravvissuti(alcuni dei quali hanno poi avuto una gran vita e carriera), e dopo almeno altre tre pellicole tra cinema e TV, due documentari lunghi importanti, dedicate/I ad uno dei più citati fatti di cronaca degli anni '70, se non della intera seconda metà del XX° secolo, il film di Bayona si rifà maggiormente come modello di crudo realismo al capostipite "I Sopravvissuti delle Ande"(1976) di Renè Cardona, primo e girato "a caldo" dei fatti.
Messicano, quindi di lingua spagnola come lo stesso iberico Bayona, e maggiormente vicino, aderente, alla cultura e al sentire dei protagonisti della vicenda, che è ormai uno dei fatti "umani" cardine, della cultura intesa come letteratura e audiovisivo, dell'identità latinoamericana. Non si rifà come introdotto, di certo al modello americano e spielbierghiano del patinato e correttino film diretto da Frank Marshall nel 1992, per il ventesimo anniversario dei fatti.
Bayona cerca come nessuno ha fatto prima di soffermarsi anche su ciò che accadeva all"'esterno", delle frenetiche e travagliate ricerche da parte dei soccorritori, e dell'indomita speranza e spirito di tenacia dei familiari, nel non arrendersi all'idea che i loro figli, nipoti, fratelli e sorelle ecc., fossero tutti periti nella sciagura. In una condizione come mostra il film non facile, visto che il Cile(l'aereo si pensò erroneamente che fosse nel versante cileno delle Ande, invece era su Glaciar del Las Lágrimas-nome quanto mai di premonizione-, ancora in territorio argentino della cordigliera ), era in un momento storico nel quale la situazione sociale ed economica del governo Allende era al collasso, con difficoltà anche a reperire il costosissimo carburante carburante e pezzi di ricambio per i mezzi e la logistica.
Non migliore era la situazione sul versante argentino, nel quale veramente sui trovava l'aereo della "Fuerza Aerea Uruguaya", Argentina sconvolta dagli attentati e dal terrorismo di ben quattro distinte fazioni, e parimenti al collasso economico. Ma la differenza la fece soprattutto la gran generosità dei cileni nel sostenere le I familiari materialmente, che mai abbandonarono le ricerche quando si appurò che le coordinate dell'ultimo contatto radio con l'aereo erano state sbagliate, oltre ovviamente allo spirito di sopravvivenza estremamente "resiliente" come si ama dire oggi, dei ragazzi protagonisti della tragedia.
Questo Bayona ha il merito di mostrarlo, seppure tra un poco di ovvia grafica digitale dell'incidente, sicuramente quello tra tutti i film realizzato con più ampiezza di effetti e dramatica, tragica spettacolarità, ma anche della congenita immaterialità del cinema di oggi, e quindi per paradosso contrario meno realistico che i modellini "poveristici" e gli effetti ottici sulla pellicola, del film di Cardona di 48 anni fa. Splendido il finale con il salvataggio da parte degli elicotteri della "Fuerza Aérea de Chile"(e si vedono per la prima volta come poi sui titoli di coda, le vere foto scattate al momento), e di montaggio alternato tra i rottami dell'aereo adesso vuoti e come mossi, popolati dai fantasmi(un rigagnolo di acqua che scorre da una paratia in una bottiglia per il disgelo, una tendina di plastica a brandelli mossa per il vento), e il "ritorno alla civiltà dei vivi", e le scene in ospedale nelle quali si inizia a ricomporre dalle piccole cose di una doccia calda a togliere le squame cagliate di sporcizia di oltre due mesi, dai corpi pelle e ossa e piagati, di un letto fatto e pulito, ridando umanità a degli esseri umani a ridotti pezzi dopo l'estrema esperienza. Eccellenti e ad un livello di alta aderenza drammatica e mimesi spirituale, le interpretazioni di tutti gli attori.
John Nada
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