Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film
Un coro celestiale di angeli di carne, una pioggia improvvisa, ed il sorriso infinito di Irene Jacob, che pochi secondi dopo sta facendo l’amore con un ragazzo appena conosciuto.
Da qui partono 100 minuti di mistero e meraviglia, di brucianti speranze e lente derive, di sintonie segrete e segni a decriptare, di solitudini e vite (quasi) parallele
Con Veronica, e con Veronica, puoi assistere al più drammatico dei concerti; fotografare senza saperlo il tuo alter ego, ritrovarti a piangere appena raggiunto un orgasmo.
Kieslowski disse esplicitamente di essersi ispirato ad Hitchcock nel riprendere il classico tema del “doppio”, nel mettere in scena questa ragnatela di destini.
Anzi, ragnatela di un destino, quello indistinguibile , al contempo reale ed onirico, di Veronica, contemporaneamente qui ed altrove.
Un teatro di marionette chiamato vita, in scena in parallelo al teatro di marionette chiamato cinema. E cui ciascuno di noi non sa se essere spettatore o marionetta, comunque in balia della magia di fili invisibili.
Il caso, la necessità, le coincidenze, il senso, i sensi, l’universale smarrimento.
La verità forse, è sotto i nostri occhi, basta guardare la foto e riconoscersi, tra le “strade perdute” di una strana luccicanza.
O forse non c’è e non vale la pena cercarla, ma semplicemente avere il coraggio di viverla, senza lasciarsi vivere.
Oppure Kieslowski ci ha solo adagiato nel grembo del cinema.
E la risposta è quella.
Post scriptum inessenziale: personalmente Irene/Veronica mi ha ricordato ancora una volta quanta vertigine e meraviglia siano in grado di regalarmi certe donne
Come se non ci pensasse già la vita a farlo.
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