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Adolescenza torbida

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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La recensione su Adolescenza torbida

di alan smithee
7 stelle

IMPULSI BUNUELIANI

Nel Messico di inizio anni '50, la ribelle, conturbante seppur ancora adolescente Susana, messa in punizione presso il riformatorio in cui vive, prega solennemente dalla sua cella quel Dio a detta di altri misericordioso che le hanno imposto di riverire sin da bambina di glorificare, affinché egli la liberi dalle inferriate che ne impediscono la fuga: ecco quindi che, afferratele, queste improvvisamente, quasi plagiate dalla solennità drammatica della richiesta della giovane, crollano pesantemente la suolo, fornendo alla ragazza l'opportunità di squagliarsela, approfittando della fitta pioggia che si riversa proprio quella sera, tra le strade che cingono il collegio.

La ragazza finirà per essere ritrovata ed accolta da una agiata famiglia borghese di campagna, che, impietosito della situazione, la accoglie con buoni modi, sino quasi a considerarla una seconda figlia per la madre, qualcosa di ben più diverso, per tutti i membri maschili di quel nucleo familiare.

Ben conscia della propria avvenenza, la ragazza cercherà da una parte di farsi benvolere dalla padrona, ma soprattutto di risultare irresistibile con il padrone di casa ed il suo giovane figlio studente. Ne nascerà un vero e proprio conflitto di famiglia, destinato a mettere a repentaglio la quiete familiare e a rimettere in discussione ogni armonia del passato.

Ci penserà l'amante respinto che aiuta la famiglia nei lavori pesanti col bestiame, a vendicarsi del torto subito, denunciando Susana alle autorità, che, proprio nel momento più critico e drammatico, verranno ad acciuffarla per riportarla da dove è venuta, lasciando a brandelli una famiglia segnata per sempre da un conflitto sentimentale che pareva impossibile prevedere solo pochi giorni prima.

In piena permanenza messicana, Luis Bunuel gira con gran fretta e pochi mezzi, un film a tratti provocatorio, tutto incentrato sui calcoli subdoli che una donna più arrivare a tessere per pregiudicare a suo favore, quegli affetti familiari che parevano solidi ed inattaccabili di fronte a minacce esterne di qualunque tenore.

In piena stagione messicana, Bunuel dirige un film molto povero, girato con modeste possibilità ed una attrice protagonista (Rosita Quintana) bellissima, ma poco credibile come adolescente: si scoprirà essere la consorte del produttore, pertanto imposta al regista dal principale finanziatore del progetto.

Del film spicca, in particolare, la furia calcolatrice che divampa in una donna, ragazza solo anagraficamente, che diventa una efficace macchina distruggi-armonia, oltre che famiglie; interessante l'accostamento spregiudicato di tematiche come l'erotismo e la religione, due vere antitesi in quei tempi scanditi da una rigorosa osservanza della dottrina religiosa cattolica.

La pellicola sfodera ritmo, una forte vampata di erotismo ad opera della conturbante protagonista, la volontà di rappresentare un quadro realistico e quindi per nulla pudico nel trattare temi spinosi e tabù come la seduzione senza controllo, le tentazioni sessuali che portano il maschio a confrontarsi con prove dure che ne azzerano ogni capacità di controllo e contenimento; la famiglia, all'apparenza armoniosa e solida, che si ripiega su se stessa e rischia lo sfascio non appena ella si fa promotrice della difesa e salvaguardia del "povero viandante", qui nei panni conturbanti di una femmina dalle fattezze irresistibili.

Poi purtroppo, proprio alla fine, invece di procedere lungo il suo percorso più coerente, ovvero volto a creare i presupposti per il trionfo della corruzione e del vizio a scapito dei dettami imposti a tutela dell'armonia familiare, il film pare cedere a qualche insistenza morale probabilmente imposta a livello produttivo, e dunque intervenuta con forza ed intransigenza, e si ritrova, tutto d'un tratto, a garantire un colpo di scena salvifico quanto improbabile, frettoloso e appiccicato in modo posticcio, da cui deriva la cattura di quella indomabile e scaltra "fiamma del peccato", a salvaguardia dei valori più eticamente e religiosamente consoni all'ordine e alla moralità di una società di stampo ed osservanza cattoliche.

Contrastando molto con lo stile ed il pensiero del suo autore, abituato a infierire con acute staffilate, sarcasmo ed altre temibili armi interlocutorie, ai danni di imposizioni morali rigide ed assolute, dettate come imposizioni da un'ordinamento ecclesiastico a quei tempi particolarmente tendente a fissare regole inderogabili, vincolanti ben più di leggi di concezione sociale e provenienza terrena.  

 

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