Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Risultato deludente per un progetto covato per 40 anni. L'ambizione visionaria non manca, anzi eccede in una smania di grandiosità fuori controllo. Manca la chiarezza della visione in un film caotico dove il parallelo tra romanità e contemporaneità cammina sul limite del trash, tra citazioni letterarie classiche e dialoghi imbarazzanti.
A New Rome, metropoli moderna ma ispirata all'Antica Roma e dominata da famiglie patrizie tanto ricche quanto corrotte, un geniale imprenditore-scienziato-urbanista ha inventato un prodigioso materiale con il quale progetta di costruire per il bene dell'umanità una città utopica, Megalopolis. Il sindaco conservatore suo acerrimo rivale è deciso a mettergli i bastoni tra le ruote, senonché la figlia ribelle se ne innamora. Intanto lo zio banchiere convola a nozze con una scaltra arrampicatrice sociale, mentre il suo bislacco cugino fonda un movimento populista.
Non voglio scrivere che Megalopolis sia proprio un brutto film, ma certamente è deludente per un progetto covato e accarezzato per oltre quarant'anni da un regista che ha segnato con i suoi capolavori la storia del cinema e che ha lottato per realizzarlo investendoci il suo patrimonio personale (chissà cosa ne sarebbe venuto fuori se lo avesse realizzato nel suo periodo d'oro).
L'ambizione visionaria all'anziano regista non manca, anzi eccede in una smania di grandiosità fuori controllo. Quella che purtroppo manca è la chiarezza della visione, in un film quanto mai caotico che mescola in maniera abbastanza scomposta suggestioni della fantascienza , del dramma politico e del gangster movie ,inframezzate da massime filosofiche e da una storia d'amore poco appassionante.Il monito di Coppola all'America sul pericolo rappresentato dall'avidità e dalla sete di potere sfrenate di una classe dominante che ha perso il senso del limite e della morale è mediato tramite l'esempio storico della res publica romana e del degenerare delle sue istituzioni. Tuttavia il mondo ibrido romano-americano che Coppola ha immaginato, la New York che si fa New Rome con personaggi abbigliati come negli anni 30 ma che si chiamano Caesar Catilina, Hamilton Crasso III , Frank Cicero e Vesta Sweetwater , non riesce a convincere. Tra parallelismi storici spericolati tra i due imperi antico e contemporaneo, duelli tra gladiatori e e cantantine false adolescenti in stile Taylor Swift si cammina spesso pericolosamente sul limite del trash e a volte lo si supera.
Ci sono momenti che valgono, qualche scena in cui riappare un lampo della grandezza del regista: un bacio sulle travi sospese nel cielo , ombre che danzano sulle facciate dei grattacieli, un sicario bambino, visioni da sogno di un futuro utopico. Ma si tratta di singoli momenti, che appaiono come miraggi sullo schermo per poi scomparire velocemente nel marasma.
Le responsabilità principale risiede in una una sceneggiatura, scritta dallo stesso Coppola in solitario ma con mano poco felice, che accumula citazioni letterarie colte mischiate a banalità sconcertanti e dialoghi didascalici che suonano artefatti toccando punte di comico involontario. Lo script non riesce a tenere dritta la barra di un arco narrativo né di un approfondimento adeguato dei personaggi, affastellando intrighi, amori e tradimenti senza farci appassionare a nulla di quello a cui assistiamo. Anche le scenografie e gli effetti visivi, probabilmente per questioni di budget, non sempre sono all'altezza delle ambizioni eccessive dell'autore , e così se certe visioni coppoliane ci meravigliano altre ci appaiono abbozzate, posticce e kitsch.
Pure il cast, che pur vanta grandi nomi a partire dal protagonista Adam Driver e poi John Voight e Laurence Fishburne, mi è sembrato un po' spaesato nel recitare certi dialoghi malscritti. Dustin Hoffman veramente non si capisce perché Coppola l'abbia chiamato per due scene in croce in cui non fa nulla. Quello più a suo agio nella follia del contesto mi è sembrato il già un po' folle di suo Shia La Boeuf.
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