Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Megalopolis è un film difficile. Fin dalla sua gestazione. Difficile dev’essere stata la stesura della sua conturbante sceneggiatura, difficile è evidentemente stata trasformala in immagini, considerando la mole del progetto e soprattutto dell’idea mastodontica che è alla base di tutto e difficile è la sua visione. Estremamente difficile.
Siamo a New York, una NY che però soffre di crisi di identità e vuole somigliare all’antica Roma. L’architetto Cesar Catilina sta progettando una città sostenibile e futurista ma è osteggiato dal corrotto sindaco Franklyn Cicero molto poco incline ai cambiamenti, soprattutto quelli che non contemplano mazzette. A sostenere Catilina c’è il ricco zio Hamilton Crasso III sul cui patrimonio ha messo gli occhi la showgirl Wow Platinum, ex mai rimpianta Catilina e Cicero, altro nipote del vecchio Crasso, individuo depravato e arrivista. Tra tutti si erge a paladina Julia, figlia del sindaco e innamorata di Cesar. Nient’altro? Direte voi. Vi piacerebbe, rispondo io. Così tra intrighi familiari, colpi bassi e arrivismo estremo si svolge quella che Coppola chiama FAVOLA ma che più propriamente porta il nome di INCUBO.
Per tutto il tempo, per l’intera durata della pellicola, non ho fatto altro che chiedermi: ma che cosa sto guardando? In termini, devo ammettere, molto più coloriti. Non è stata solo il problema identitario di cui sembra soffrire New York a lasciami perplessa ma anche il modo in cui Coppola decide di imbastire i dialoghi, e non solo quelli. Questi attori che sembrano usciti da Il Gladiatore ma che parlano come quelli di Romeo + Giulietta di William Shakespeare diretto da Baz Luhrmann, che corrono sulle bighe come in Ben-Hur e vestono come nel film di Matrix.
Il film di Francis Ford Coppola infatti, più che un film a sé stante, sembra un miscuglio di una serie di pellicole, di tutti quei film che forse al regista sono talmente tanto piaciute che si è pentito di non averle dirette lui. Ci ha impiegato anni a crearlo e quando ha capito che nessun produttore lo avrebbe mai finanziato, ha investito i suoi soldi. In quello che sembra essere quasi un manifesto del cinema, un lascito di quello che è stato e che (forse) avrebbe voluto (o potuto) essere il suo modo di fare cinema.
Una pellicola che racchiude non tanto il ricordo, quanto il rimpianto di Coppola che evidentemente è in ritardo su alcune idee e concetti, già rappresentate da altri, in modo sicuramente più convincente. Un film che comunque va assolutamente visto al cinema; l’unico modo per affrontarne la visione è non farsi troppe domande e lasciarsi trasportare dal racconto, per quanto assurdo possa essere.
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