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Megalopolis

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Megalopolis

di IlGranCinematografo
5 stelle

Un lascito incubato per decenni, titanico nei propositi ma infine svigorito nello slancio visionario, più ebbro che davvero delirante, stucchevole e ossessivo, dorato e burlesco, portentoso e indigeribile.

 

Distruzione e reinvenzione. Uccisione e resurrezione. L'architettura come passione che nasce intima, eppure ambisce (con frustrazione) alla sfera civile e pubblica. Moti dell'anima e congiure di palazzo. Visione (artistica) e assenza di visione (politica). Uno spiraglio – illusorio, evanescente, ma in fondo non lo sono anche i fotogrammi di una proiezione cinematografica? – per partorire un futuro... che è trapassato. Disegni a matita di un etereo avvenire... che somiglia alla prima Esposizione Universale di Parigi. New York e Antica Roma che si (con)fondono. Decadente magnificenza, magnifica decadenza. Ed è proprio in questa serie di irrisolvibili contraddizioni che collassa il colosso che è Megalopolis. Perché il tempo non è di chi lo sa reinvestire, ma di chi lo può buttare. Non per fare i socialisti (o magari anche sì, che male non fa), ma è questione di (sofferto) coraggio o di (vil) pecunia? Come si fa a compatire il tormento di Adam Driver se il massimo dell'utopia che il suo personaggio serba per l'umanità è l'installazione di tapis roulant per nababbi? È più un alter ego di Francis Ford Coppola o di Elon Musk? E a chi interessa il destino dei poveracci (per lo più bambini) che in alcune (troppo poche e troppo rapide) inquadrature si assiepano addossati a recinzioni di metallo per azzannare con gli occhi le celebrità sbrilluccicanti che sfilano inarrivabili in passerella? L'unica sorte che a Coppola preme di raccontare, seppure con disarmante sincerità, è solo la sua. E quella della propria stirpe (immancabili, difatti, i parenti tra cast & crew). Mica quella degli Stati Uniti (non ingannino i proclami di Laurence Fishburne in voce narrante), né quella del mondo democratico occidentale annebbiato dal consenso in odor di social (come prendere sul serio lo show di una pseudo-Taylor Swift accompagnato da palette con codici QR o la parabola populista incarnata dallo spregevole burattinaio di Shia LaBeouf dopo certe puntate di Black Mirror avanti migliaia di anni luce in più sugli stessi temi?). Arte e amore, amore e morte. E ancora amore (e ancora arte), in accorato riverbero del rapporto con la moglie Eleanor (alla quale è dedicato il film). Un lascito incubato per decenni, titanico nei propositi (finanziamenti raggranellati a fatica, première a Cannes con fischi) ma infine svigorito nello slancio visionario (ed è quello che fa più male, per un'opera che si sbraccia costantemente nel desiderio di sabotare/travalicare la consuetudine del linguaggio audiovisivo, ma anche quell'epoca, per Coppola, è bella che tramontata), più ebbro che davvero delirante, stucchevole e ossessivo, dorato e burlesco, portentoso e indigeribile, diviso (con tanto di split screen) e mal – anzi, non – ricomposto, tra squarci del capolavoro che poteva essere e brandelli del mappazzone che è.

Colonna sonora di Osvaldo Golijov, collaboratore di Coppola da Un'altra giovinezza in poi. Grace VanderWaal è interprete delle sue stesse canzoni (è lei la popstar che si esibisce nel circo gladiatorio).

Voto: 5 — Film INSUFFICIENTE

VISTO al CINEMA

 

Adam Driver, Nathalie Emmanuel

Megalopolis (2024): Adam Driver, Nathalie Emmanuel

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