Regia di Miguel Littin vedi scheda film
Ottimo esempio di cinema militante tipicamente anni Settanta (non per niente si erano mossi due rappresentanti dell'Internazionale del cinema come Gian Maria Volonté e Mikis Theodorakis), realizzato da un regista che, per il coinvolgimento con la presidenza di Allende (era presidente dell'ente cinematografico nazionale), aveva dovuto lasciare il Cile dopo il golpe di Pinochet. Il film racconta un tragico episodio che si risolve in una vera e propria strage - i morti non si riesce neppure a contarli - tra i minatori di una miniera di salnitro nel nord del paese, a saldatura degli interessi delle compagnie minerarie straniere e di un governo che non tollera il dissenso, la protesta né, tanto meno, la rivolta sociale.
Littin racconta questa storia in toni da ballata popolare, con un respiro a momenti epico, ispirandosi figurativamente al cinema rivoluzionario di Ejzenstejn (la marcia dei soldati nel finale), alle circonvoluzioni militanti di Jancsó e alla pittura di Diego Rivera.
Un episodio, dunque, mai narrato al cinema né sui libri di storia, ma descritto dal regista cileno secondo schemi ormai consolidati.
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