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Ragazzo di borgata

Regia di Giulio Paradisi vedi scheda film

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La recensione su Ragazzo di borgata

di mm40
3 stelle

Nella Roma di periferia Ettore ha sedici anni, nessuna voglia di studiare e desidera solo abbastanza denaro per emanciparsi dalla famiglia; quando prova a lavorare, naturalmente, tutto va a rotoli. Il padre, in carcere, gli dà l’esempio ed Ettore comincia a fare scippi e piccoli furti.

A sei anni di distanza dall’esordio con il prodottino alimentare Terzo canale – Avventura a Montecarlo (1970), musicarello con Mal, Ricchi e poveri, New Trolls e altri ancora, Giulio Paradisi ritenta la carta della regia; questa volta lo fa con un prodotto abbastanza ambizioso, uno spaccato sociale crudo-ma-non-troppo che coglie l’attimo dell’emozione, della ‘botta ancora calda’ dell’omicidio Pasolini per riproporre le questioni e i soggetti cari al regista di Accattone e Mamma Roma, aggiornati però alla metà degli anni Settanta. Ragazzo di borgata, d’altronde, è un titolo che non lascia spazio a tante interpretazioni: il protagonista è un adolescente che, nato in una famiglia povera delle periferie romane, tenta tutto il possibile per sfuggire al suo destino, ma invano: le classi sociali, suggerisce la sceneggiatura di Paradisi, Alfredo Giannetti e Lucio Battistrada, sono caste insormontabili e definiscono vita e morte di chi vi appartiene. Lo stile narrativo è sobrio, lascia spazio ai commenti in voce off del protagonista evitando però di calcare la mano sullo scabroso e sullo scioccante ‘per il puro gusto di esserlo’, per quanto motti romaneschi e volgarità siano per forza di cose, dato il contesto, continuamente presenti. Per il giovane Stefano Arquilla, in effetti non particolarmente incisivo, è il debutto come interprete; proseguirà la carriera per qualche tempo, finendo però presto nell’anonimato. Al suo fianco, tra gli altri, Beba Loncar, Rita Tushingham, Ennio Panosetti, Giacomo Piperno, Alvaro Amici e Brigitte Petronio. A conti fatti una pellicola deludente per ciò che ci si poteva aspettare, ma comunque confezionata in maniera adeguata e non priva di qualche momento interessante. Tre anni più tardi Paradisi licenzierà la sua opera successiva, Stridulum (1979), sconfinando questa volta nella fantascienza. 3,5/10.

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