Regia di Teemu Nikki vedi scheda film
Snot e Splash sono due fratellini che, per le vacanze invernali, vanno a trovare la nonna. Se la donna sembra avere qualche problema (sforna pagnotte a ripetizione e sostiene di aver smarrito i buchi di casa sua), il resto del paese non è da meno: quasi tutti in giro sfoggiano sorrisi fin troppo smaglianti e dal cielo piovono rifiuti. Il casuale ritrovamento di una strana pistola aprirà ai due bambini uno scenario a dir poco inquietante.
Snot e Splash – Il mistero dei buchi scomparsi è una commedia fantasy per bambini solo in apparenza: la visione è in realtà appetibile per qualsiasi fascia di età, ma soprattutto è un'opera nordica e delirante quanto basta per ricordarci i mirabili prodigi di cui è capace il cinema scandinavo. Siamo anni luce distanti dalle piccole – e al confronto modeste, tocca ammettere – produzioni spaccabotteghino nostrane dei Me contro Te: qui siamo piuttosto nei territori lisergici di Yellow submarine - ricordate il mare dei buchi? - e allo stesso tempo ci troviamo a ridosso di una certa visionarietà à la Terry Gilliam, in un vortice che tra nonsense e surreale inghiotte una trama a dir poco arzigogolata, che per riassumere in maniera efficace occorrerebbe l'ora e mezza di durata dell'intero film. I protagonisti sono due bambini (bravi entrambi Hugo Komaro e Urho Kuokkanen) scaraventati loro malgrado in un mondo di adulti irresponsabili e stracolmi di tic, a partire dalla nonna (Marja Packalén) accumulatrice compulsiva di pagnotte da far sbiancare la signora Pina nella celebre scena di Fantozzi contro tutti; un mondo minacciato dal solito Cattivo con la maiuscola (l'ottimo Pekka Strang) che utilizza mezzi straordinari – sostanzialmente: una particolarissima cura dentale – per mettere in atto i suoi diabolici piani, con la complicità di un aiutante grosso e scemo (Petteri Pennilä) e di una mamma smemorata (l'intramontabile musa di Aki Kaurismäki, Kati Outinen). Una morale importante o un discorso memorabile di sottofondo non ci sono, ma data la destinazione 'spensierata' del titolo va bene lo stesso. Il risultato nel suo complesso è un lavoro ben compatto e perennemente sopra le righe, frutto di una scrittura serrata e di un cospicuo, ma ben focalizzato utilizzo di effetti speciali e postproduzione; la sceneggiatura di Ilja Rautsi, con la supervisione del regista Teemu Nikki, si basa su una serie di libri per l'infanzia di Juice Leskinen. Quanto all'appena citato Nikki, ne va senz'altro riconosciuta la camaleontica capacità di spostarsi da un genere all'altro ottenendo sempre validi risultati. Chi lo ha conosciuto per Euthanizer, La morte è un problema dei vivi o Il cieco che voleva vedere Titanic faticherà a ritrovare qui lo stesso autore; lo spettatore di Lovemilla o del più leggero Nimby riconoscerà invece una maggiore linea di continuità tra i suoi lavori. 5/10.
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