Regia di Bertrand Bonello vedi scheda film
Liberamente ispirato a un libro di Henry James, il film è una logorroica e imbevibile riflessione sull'intelligenza artificiale, che in un futuro distopico imporrà l'eliminazione chirurgica delle emozioni primarie (legate anche alle vite passate, tanto per complicare le cose), e sulla necessità di "restare umani". Questo a grandi linee, perché nel film di Bonello di linee se ne possono tracciare poche, vista la farraginosa lentezza con cui (prova) a sviluppare un tema così complicato, tra fantascienza e filosofia. Il regista francese centra la sua camera su Lèa Seydoux, sempre molto bella e brava, che fa da "avatar" nei suoi passaggi temporali, lungo le vite vissute e il suo innamorarsi con un uomo quasi insignificante, interpretato da George MacKay. Questo porta il film a sbriciolarsi lungo diversi assi temporali, un indietro e avanti nel Tempo che affatica la visione, davvero ardua e complessa. Un'opera lynchiana ma che manca della fluidità (e della grazia) del Maestro e finisce per essere insostenibile nelle due ore e mezza di durata, fra sperimentalismi, bel Cinema (che c'è ma non salva), non sense, ammiccamenti erotici, geometrie architettoniche, veggenti, ecc ecc. Un mattone per cultori della masturbazione cinematografica, perché, questo film, altro non è.
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