Regia di Francesco Albanese vedi scheda film
Tre amici male in arnese e non particolarmente avvenenti progettano una rapina; vengono però fulminati da un'idea geniale: dato che ci sono gli Europei di calcio e tutti gli uomini se ne stanno incollati alla tv, perché non capitalizzare prostituendosi con le mogli dei tifosi della nazionale italiana? Con l'aggiunta di un quarto amico, il gruppetto va a lezione di seduzione dallo Zio Leonardo.
È difficile spiegare come sia possibile tutto ciò. Il cinema italiano è in ginocchio, o forse già sdraiato, e si continua a prenderlo a calci e a sputargli addosso con operine inconcludenti e grossolane, nel segno di una commedia di costume malintesa e con frequenti strizzatine al mondo della tv, della musica, dei social. Uomini da marciapiede è la seconda regia di Francesco Albanese, già sodale di Alessandro Siani, a otto anni di distanza da un esordio passato sostanzialmente inosservato, Ci devo pensare (2015); un film pressappochista, paratelevisivo, che fa leva su qualche volto noto tra gli interpreti principali (Paolo Ruffini, Herbert Ballerina, il rapper Clementino, Rocio Munoz, Francesco Pannofino e la rediviva Serena Grandi, in un ruolo fortemente autoironico) e su una trama labile e barzellettistica. La sceneggiatura del regista (anche tra gli attori principali del lavoro, peraltro), di Daniele Di Biasio e di Ruffini vive di estemporanei sketch dallo spessore risibile e di un umorismo grezzo, banalotto, popolare in ogni accezione del termine; dato l'argomento naturalmente si sprecano le allusioni e le battute più o meno licenziose, ma il sesso rimane sempre stilizzato, trattato con superficialità. È questo il malinteso costume che pellicole simili vorrebbero andare a sviscerare e raccontare, una contemporaneità sia povera che iperbolica: povera di spirito di osservazione e iperbolica nelle caricature che derivano da tale mancanza di approfondimento, di voglia di capire. Qui, davvero, da capire non c'è nulla. 1,5/10.
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