Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Sogni di donna appartiene alla produzione ‘leggera’ di Bergman e in effetti a una visione superficiale potrebbe essere senza fatica considerata una commedia rosa, se non fosse però che il marchio dell’autore (anche sceneggiatore), a uno sguardo più profondo dell’opera, si fa sentire sia dal punto di vista contenutistico che da quello formale. In una scena come quella del luna park ci sono più di un momento di brivido e più di una sensazione inquietante, così come nella descrizione della follia (e nel personaggio stesso) della moglie di Otto traspaiono vividi gli incubi di cui è capace il regista svedese. Due binari corrono paralleli nel film e sono quelli relativi alle vicende sentimentali delle due protagoniste, entrambe in cerca di un uomo innamorato di loro ed entrambe destinate a incontrare solamente delusioni: un tema molto bergmaniano, risolto come il Maestro d’altronde sa fare: la rassegnazione alla caducità dell’amore e quindi all’incomprensione umana va accompagnata alla presa di coscienza dei propri limiti (nel comprendere, nell’amare) e su tutto questo complesso di liti e riappacificazioni, di pensieri irrealizzabili (i sogni del titolo, presenti anche nell’originale svedese) e parole non pronunciabili, ecco che si distende la conclusiva morale: in amore occorre saper dire anche di no, per rispetto verso sé stessi. Nota di merito per Harriet Andersson, spesso irresistibile, che primeggia nel testa a testa con la Dahlbeck (comunque sempre brava); in un ruolo laterale, ma fondamentale, c’è Gunnar Bjornstrand, uno degli interpreti preferiti di Bergman: non è poi così improbabile, nel rapporto fra il suo personaggio e quello della Andersson, vedere una rilettura ironica di quello fra il regista e l’attrice nella vita reale, al di là delle complicazioni psicanalitiche della sceneggiatura. Il dolceamaro finale offre inoltre lo spunto per una riflessione sulle età della vita: se la giovane è felice e non si accorge che il fidanzato non è convinto quanto lei della loro relazione, l'altra, più avanti con gli anni e quindi con l'esperienza, non ha più intenzione di concedersi illusioni in merito alle vane promesse maschili. Meglio vivere di ingenuità e illusione o di razionalità e rassegnazione? Un altro film sostanzialmente intriso di pessimismo, nonostante i toni e i temi più leggeri del solito; fotografia per la seconda e ultima volta (dopo Una vampata d’amore, del 1953) affidata a Hilding Bladh. 6,5/10.
Una fotomodella e la sua manager sono in trasferta di lavoro. La prima ha appena litigato col ragazzo e viene approcciata da un uomo anziano che la riempie di regali senza chiederle nulla in cambio; in realtà l'uomo è ossessionato dalla moglie rinchiusa in manicomio da anni ed è vittima dei soprusi della figlia scapestrata. La seconda riceve la visita dell'amante, con cui progetta un weekend d'amore. Ma interviene la moglie dell'uomo a spezzare l'idillio.
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